Frame dal docufilm “Sergio Lombardo. Psicologo dell’Arte”, regia di Roberto Locci.
L’Accademia di Belle Arti di Roma ha ospitato un convegno, su iniziativa della Professoressa Miriam Mirolla, che ha visto la proiezione di una prima versione del docufilm Sergio Lombardo. Psicologo dell’arte, con la raffinata regia di Roberto Locci. Si tratta di una pellicola dedicata a uno dei più grandi autori del XX secolo, quale è Sergio Lombardo, artista romano dalla ricerca sfaccettata e camaleontica. Ha esordito giovanissimo alla fine degli Anni Cinquanta con la triade della Scuola di Piazza del Popolo, insieme a Renato Mambor e a Cesare Tacchi, ed è stato anche critico, psicologo e fondatore della Teoria Eventualista. La sua indagine artistica, a cavallo tra innovazione estetica e ricerca scientifica, è stata oggetto di analisi e approfondimento da parte di studiosi di varia natura che, in maniera individuale o collettiva, si sono affiancati all’artista dal suo esordio fino a oggi. Tra questi, hanno partecipato all’incontro: la Professoressa e critica d’arte Simonetta Lux, la storica dell’arte Alice Falsaperla e il ricercatore Simone Zacchini.
Roberto Locci, autore di cinema e televisione, direttore della fotografia e sceneggiatore, in quanto esperto d’arte ha sempre documentato le vite e le sfumature che denotano alcuni dei più rilevanti autori contemporanei. Il film che ha diretto mette in scena la natura d’avanguardia di Lombardo: un rendergli omaggio attraverso non solo il suo quotidiano ma concretizzando, sotto gli occhi dello spettatore, i vari momenti della sua produzione. Un docufilm che pone come obiettivo quello di “documentare” la natura metamorfica dell’autore.
«Il processo che vi è dietro è stato come un percorso psicologico attraverso il quale, in qualche modo, sono divenuto io “psicologo”, riuscendo a estrapolare degli aspetti che Lombardo stesso non immaginava di dire», delucida Locci. «Io come regista, e prima ancora come direttore della fotografia, e poi come operatore, ho cercato di inquadrare l’opera di Sergio Lombardo, indagando la sua persona. Questa è stata la prerogativa del film: far capire al pubblico quali sono stati i sentimenti e le volontà radicali che hanno mosso un artista così poliedrico. Ci sono stati altri autori che sono passati dal figurativo all’astratto, come Capogrossi e Afro, mentre Lombardo, a seguito di un periodo di sperimentazioni aleatorie, è tornato a una pittura talmente diversa che la gente ne è rimasta stupita», prosegue il regista.
Dal tentativo d’annullamento della raffigurazione artistica, “a favore di un’astinenza espressiva”, raggiunta con I Monocromi (1958-1961), si passa alla perentorietà mediatica de I Gesti Tipici (1961-63); dall’interazione tattile tra spettatore e opera, si approda a un ritorno alla pittura che vede il completamento dell’opera in senso mentale. Nel corso delle riprese vengono, inoltre, mostrati rari oggetti-chiave della produzione dell’artista, da I Veleni (1970) al Gioco dei Dadi, attraverso i quali viene eseguita una vera e propria performance. Altri ancora sono recuperati da un lavoro di ricerca che, attraverso scatti e testimonianze inedite, attestano l’intento storico del progetto di Locci.
La prima voce a parlare è quella di Sergio Lombardo che, all’interno del suo studio, approfondisce le sue elaborazioni degli anni Sessanta fino alla metà degli Anni Settanta, con puntali riferimenti aneddotici. Cesare Pietroiusti prosegue parlando dell’apertura del Centro di Ricerca Jartrakor (1977) e della fondazione della Rivista di Psicologia dell’Arte. Alice Falsaperla espone la ricerca aleatoria che ha caratterizzato l’attività di Lombardo negli Anni Settanta, riguardo alla quale l’artista ripropone, in una scena del girato, insieme alla storica dell’arte, un prototipo sperimentale di quegli anni. Miriam Mirolla prosegue, parlando del suo incontro con l’artista fino a trattare la complessa opera dello Specchio Tachistoscopico con stimolazione a sognare (1979), a cui ha dedicato un intero saggio.
Infine, le varie ramificazioni del lavoro di Sergio Lombardo sono raccontate da Fabio Falsaperla, gallerista e fondatore della Galleria La Nuvola, che ripercorre le mostre di Lombardo all’interno dei suoi spazi. Insieme a lui, emergono le figure degli altri galleristi attivi nel centro storico, Marchetti e De Crescenzo, fino a Simone Zacchini che analizza puntualmente la funzione e l’attività dell’Archivio, memoria vigile sulla produzione di Lombardo.
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