Roberto Fassone, Ball Don’t Lie, 2017. Video, 15'56. Courtesy l’artista e FANTA-MLN, Milano
Forse, in Italia, non tutti sanno che all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi è in corso una mostra che, in maniera sintetica e ben ragionata, delinea un tragitto trasevrsale all’interno degli ultimi cinquant’anni di arte italiana. Inaugurata lo scorso ventidue luglio e aperta al pubblico fino al trenta settembre, si tratta di “Tout Court. Un aperçu de l’art contemporain italien”: esposizione a cura di Saverio Verini, in collaborazione con l’organo ministeriale Direzione Generale Creatività Contemporanea e realizzata grazie a prestiti di gallerie e collezionisti. La collettiva, articolata in diversi ambienti dell’istituzione, è suddivisa fra la Sala dei Marmi, la Galleria e la Sala Quadrata, dove sono dislocati i lavori di – in ordine di percorso – Paolo Icaro, Emilio Isgrò, Luigi Ontani, Carol Rama, Roberto Fassone, Diego Marcon, Adelaide Cioni, Mattia Pajé. Artisti eterogenei per estrazione e linguaggio, i quali forniscono uno spaccato non lineare sugli orientamenti e i risultati della ricerca artistica nazionale, evidenziando alcune traiettorie in grado di tratteggiare un possibile “carattere italiano”. Le opere proposte sono, non casualmente, accomunate da alcuni aspetti peculiari come il ricorso al piccolo formato, un atteggiamento ludico e irriverente, il richiamo a una visionarietà infantile o a un immaginario ironico. Secondo tali accenti, misurandosi con le connotazioni architettoniche del luogo, la mostra offre un vasto spettro di soluzioni diversificate, tale da lasciar trasparire, pur nella coralità del progetto, le singolarità di ciascun autore.
Difatti, partendo dagli interventi di Icaro, Isgrò, Ontani e Rama, interpreti pressoché storicizzati e riconoscibili per i rispettivi alfabeti, sospesi fra cifra processuale, poverista, concettuale e kitsch, si passa alle generazioni più recenti. Fassone e Marcon, entrambi per mezzo del video, ripongono l’attenzione sulle categorie succitate del ludico e dell’infantile, tuttavia da una prospettiva in grado di inquietarne la qualità, definendo narrazioni stranianti e perturbanti, al limite dell’assurdo e del tragicomico. Nell’ultimo spazio si trovano i “dipinti cuciti” della Cioni, sovrapposizioni di tessuti applicati su tela che raffigurano, in forme essenziali, soggetti ordinari e anonimi, tanto da renderli universali ed enigmatici al contempo. Ancor più subliminale ma non meno efficace è l’intervento di Pajé, il quale ha disseminato negli spazi della mostra decine di ragni realizzati in argento, in scala reale, che cuciono il tessuto espositivo e, silenziosamente, si svelano all’osservatore, come una presenza preziosa e anomala.
La seconda parte del progetto ha sede nel giardino, dove sono visibili dieci scatti iconici di opere d’arte pubblica in Italia, provenienti dall’archivio della piattaforma “Luoghi del Contemporaneo”. Qui, fra installazioni di Calder, Consagra, Merz, Staccioli etc., è come conseguire un viaggio in Italia, compiuto attraverso il filtro di opere d’arte a stretto contatto con il paesaggio urbano, la campagna, il mare, tra grandi città e siti disparati.
Infine, si segnala la presentazione del catalogo prevista nella data di martedì sette settembre, accompagnata da performace di Adelaide Cioni, Roberto Fassone, Invernomuto.
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