Tutte le opere del MoMA in una: l’installazione di Refik Anadol che sfida l’IA

di - 21 Novembre 2022

Una collezione di 180mila opere d’arte, realizzate negli ultimi 200 anni, da vedere tutte insieme, riunite, anzi, assemblate in un’unica forma che cambia continuamente, a seconda del tempo che fa. E di come ti muovi. Sembra una magia, qualcosa proveniente da un altro mondo e, in effetti, è un po’ così. Perché si tratta dell’ultima installazione che Refik Anadol, tra i new media artist più influenti al mondo, ha presentato al MoMA di New York. L’opera si intitola Unsupervised, cioè senza supervisione, o meglio, apprendimento non supervisionato, e rappresenta un apice dell’applicazione delle tecnologie di intelligenza artificiale all’arte contemporanea.

Su un display di più di sette metri per sette, che riempie la hall del museo di New York, scorre un flusso di colori elaborati a partire dalle immagini di tutte le opere della collezione, incrociati con ciò che accade in tempo reale. Un’opera che si genera dalle altre – cioè da “tutte” le altre – e riflette i cambiamenti del contesto, incrociando due dati: il movimento dei visitatori, catturato da una telecamera posta nel soffitto della hall, e le condizioni metereologiche, fornite da una stazione di Manhattan. Questi due input orientano le “forze” che muovono il software alla base di Unsupervised, la sua “anima” che, come lascia intendere il nome, non è controllata. Ciò che vediamo, insomma, da un lato, fa parte della memoria della macchina, che è poi anche la nostra memoria visiva, costruita su due secoli di opere d’arte, dall’altro, rientra nella sua “sensibilità” rispetto a quello che succede intorno e al tempo che fa. Avrà problemi di timidezza o sarà metereopatica? Domande legittime.

Per intenderci, le Intelligenze Artificiali Supervisionate, come Dall-E e OpenAI che, negli ultimi tempi, hanno fatto discutere per la loro apparente capacità di sostituire la creazione e l’ispirazione artistiche, vengono addestrate utilizzando dati contrassegnati da parole chiave, “Paesaggi in tempesta”, oppure “gattini con le zampe bianche”. Quando l’utente inserisce un comando, l’IA incrocia i dati riferibili a quelle parole chiave e, progressivamente, ne perfeziona la resa, fino a ottenere una immagine il più nitida possibile. Di solito il risultato è apprezzabile, come nel caso del lavoro digitale realizzato con Midjourney, che fece scalpore per aver vinto il premio nella categoria di fotografia digitale al concorso artistico della Colorado State Fair.

Ma l’intelligenza artificiale non supervisionata di Anadol funziona diversamente. Nel corso di sei mesi, il software creato da Anadol e dal suo team, sviluppato insieme agli ingegneri di Nvidia, una delle aziende tecnologiche leader nel settore grafico, ha incamerato circa 380mila immagini ad altissima risoluzione tratte dalle oltre 180mila opere d’arte conservate nelle gallerie del MoMA, realizzate da artisti come Pablo Picasso e Umberto Boccioni. Il team ha quindi creato e testato diversi modelli di intelligenza artificiale per vedere quale produceva i risultati migliori, quindi ne ha scelto uno e lo ha addestrato per altre tre settimane utilizzando una Nvidia DGX Station A100, un super computer circa mille volte più potente di un tipico laptop.

Quei dati sono stati poi inseriti in un altro software personalizzato in grado di «Ascoltare, vedere e sentire ciò che accade nel museo e trasformare questi dati in un sogno», ha spiegato Anadol. «Fondamentalmente il modo in cui funziona è che l’IA può prendere qualsiasi informazione, suono, immagine e testo e può creare output alternativi da questi input», ha continuato l’artista nato in Turchia, nel 1985. Il risultato è ciò che Anadol chiama una «Scultura vivente di dati», un’opera d’arte che cambia costantemente, proiettando un numero infinito di opere d’arte alternative che la macchina crea in tempo reale e trasmette su un gigantesco media wall. «Non vediamo nulla di reale, è tutta immaginazione dell’IA», ha detto Anadol che, nel 2016, è stato artista residente di Google, coniando il termine “AI Data Painting and Sculpture”. Tra i primi sostenitori della criptoarte, la sua serie di NFT “Machine Hallucinations” è stata venduta all’asta per 5,1 milioni di dollari nel 2021.

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