Residenza in quarantena, all’Accademia di Spagna

di - 6 Luglio 2020

Mentre si stava organizzando la consueta mostra annuale dei progetti e dei lavori dei borsisti dell’Accademia Reale di Spagna a Roma, il nostro mondo veniva preso a spallate psicologiche e fisiche dal Covid-19, e isolamento, separazione e distanza diventavano le coordinate intorno a cui improvvisamente si era trovata a girare la nostra esistenza. Gli artisti e i ricercatori borsisti si sono dunque trovati a condividere gli spazi dell’Accademia quando i naturali legami osmotici con la città di Roma, diventata una realtà così vicina e così lontana a un tempo, erano stati forzosamente recisi.

Federico Guzman

Da qui il desiderio impetuoso di, per usare le stesse parole che la direttrice Ángeles Albert scriveva durante il lockdown, «trovare uno spiraglio tra le porte e le finestre per tornare a entrare nei musei, nelle biblioteche, negli archivi… nei centri d’arte, nelle gallerie, nelle fondazioni… nelle case dei nostri amici, nei negozi dei nostri vicini, nei parchi» e «respirare l’aria delle centinaia di anni di una città che continua a risvegliarsi ogni giorno lucente, bella e irripetibile. Perché la nostra vocazione è essere e fare parte di Roma».
Diventando le porte con l’esterno un confine non più attraversabile, è dalle mille finestre, lucernari, finestroni, finestrelle dell’Accademia che ci si è rivolti a Roma. Finestre aperte, appunto.

Jose Ramon Ais

I progetti dei borsisti dell’Accademia di Spagna

Proprio per la condivisione di un contesto così speciale, la mostra fa sentire una certa coerenza tra i lavori nonostante l’estrema eterogeneità delle ricerche e dei linguaggi adottati nelle opere e nei diversi progetti dei 22 borsisti esposti, tra cui anche scrittori, museologi, restauratori, storici del cinema, stilisti. Alcuni artisti a marzo erano appena arrivati, mentre altri sono rimasti bloccati in Spagna, così come alcune opere hanno subito modifiche o non hanno potuto essere realizzate per motivi logistici.
Da un lato gli artisti hanno potuto approfittare di una concentrazione totale, potendo in alcuni casi sperimentare forme e pratiche inedite, dall’altro alcune ricerche già impostate dai pensionanti hanno acquistato altri livelli di lettura e attualità con la pandemia.

Per fare qualche esempio, la ricerca pittorica di Federico Guzmán sul tema della mitologia immagina l’arte futura di « un pluriverso ecologicamente saggio, politicamente ugualitario e socialmente inclusivo », tanto auspicabile quanto ancora utopico, nonostante la lezione del virus; quella museologica di Pantxo Ramas, Palinsesto Basagliano, indaga le attività artistiche e teatrali d’avanguardia in cui erano coinvolti i pazienti dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste, parlandoci di internamenti e di conquista della libertà attraverso la pratica artistica; Joana Cera, scultrice, partita da riflessioni sull’antica statua parlante di Pasquino a Roma e sulla scrittura, ha incluso nelle sue opere anche ologrammi, realtà virtuale e codici QR fatti di tessere di mosaico, in un certo senso allontanandosi dalla materia tangibile; mentre la fumettista Carla Berrocal, partita con un progetto sulla cantante Concha Piquer, vera e propria icona di emancipazione femminile, ha avuto modo grazie al lockdown di cimentarsi per la prima volta anche con la pittura, andando a graffiare gli stereotipi spagnoli del machismo dei toreri.

Susanna Inglada

Molti progetti sono poi naturalmente connessi con il contesto romano, scontrandosi in questo con l’impossibilità di fruire della città nei mesi di marzo e aprile. Se Javier Pividal ad esempio ha articolato un’installazione in cui le lettere di un abecedario sono state sintetizzate formalmente dall’idea del corpo assassinato di Pasolini, il progetto della disegnatrice Susana Inglada partiva dallo studio della scultura romana per ottenere dei disegni su carta monumentali. Bomarzo è stato invece l’inspirazione da cui Adolfo Serra ha disegnato un libro muto per bambini, trasformando le sculture del noto parco dei mostri in misteriosi personaggi di una storia aperta all’immaginazione. Il fotografo José Ramón Ais ha indagato il ruolo degli alberi di Roma, nella costruzione dell’idea della città anche a livello storico e politico. In alcuni casi Roma come punto di partenza è compresa in una più larga idea di meridionalità, come accade nel complesso progetto Tipografía/espacio/identidad del designer Jorge Cubero, in cui si approfondisce la capacità della tipografia di condensare le caratteristiche della cultura visiva di un determinato spazio, in questo caso l’Italia del sud, costruendo così un’identità ben precisa.

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