Categorie: Beni culturali

Alla scoperta di pArt: intervista a Maddalena Salerno e Lelio Orsini

di - 6 Agosto 2021

Negli ultimi tempi siamo diventati fuoriclasse dello shopping online. Finora il nostro carrello virtuale si è riempito dei più disparati prodotti, ma mai ci saremmo aspettati di riempirlo con un restauro. Tutto questo, invece, è possibile grazie a pArt, una piattaforma di e-commerce che si occupa di raccogliere fondi per il restauro di beni culturali. Il progetto nasce da due menti creative: quella di Maddalena Salerno, esperta di management e comunicazione e di Lelio Orsini, impegnato nella società immobiliare di famiglia e nell’ambito della soft diplomacy in Georgia.

Se visitando il Museo della Basilica di S. Maria delle Grazie, a San Giovanni Valdarno, vi apparirà in tutto il suo splendore l’Annunciazione del Beato Angelico, sappiate che il merito è di pArt. La piattaforma ha recentemente concluso la raccolta fondi per finanziare il restauro di questo prezioso capolavoro.

Annunciazione Beato Angelico, Museo della Basilica di S. Maria delle Grazie, San Giovanni Valdarno

Ma questo non è l’unico pezzo in vetrina. Esplorando il sito è possibile sfogliare un catalogo, scegliere un’opera e contribuire al restauro in qualità di unico mecenate o attraverso un crowdfunding. In cambio si può ricevere una serie di omaggi: una stampa a edizione limitata, un oggetto di design, una riproduzione dell’opera in 3D o, addirittura, un voucher per una gustosa cena. Inoltre, pArt collabora con vari nomi dello scenario artistico-contemporaneo. Ad artisti come Lulù Nuti e Gianni Politi è stato chiesto di realizzare opere in serie limitate ispirate alle opere da restaurare, offerte come ricompensa all’azione di mecenatismo.

Coinvolgendo tutti questi diversi settori, il restauro non resta più relegato ad un ambiente di nicchia, ma si dimostra una disciplina in grado coinvolgere vari ambiti e raggiungere tutti i tipi di pubblico. Grazie a pArt ognuno può aderire in prima persona alla cura e tutela del patrimonio culturale per far sopravvivere un’opera d’arte. Ecco quindi spiegato il motto “Take part, save the art!”

Chi pensava che il mecenatismo culturale fosse una pratica d’altri tempi e per pochi eletti si sbagliava, oggi chiunque può sentirsi tale, a portata di un clic! Avevamo già parlato qui di questo progetto quando era appena nato. A distanza di quasi tre anni l’iniziativa si è ingrandita, perciò abbiamo deciso di scoprire di più intervistando i due fondatori.

Ciao, Maddalena e Lelio! Raccontateci come è nato il progetto.

«pArt nasce nel novembre del 2019 dopo quasi due anni di lavoro di start up. Abbiamo presentato il progetto nella sede dell’Associazione Civita, a Piazza Venezia a Roma.
L’idea sorge da una grande passione per la storia e per l’arte. Da un’intuizione: rendere affascianti al grandissimo pubblico le opere d’arte da restaurare e semplificare i procedimenti che portano all’effettivo restauro di un’opera d’arte. E da una provocazione: ai giorni d’oggi tutto è desiderabile se comunicato bene e perché non può esserlo anche il patrimonio culturale? Ci siamo dedicati a rendere più vicino, più accessibile, più comprensibile il mecenatismo al grande pubblico ed è per questo che abbiamo pensato di raccogliere le opere da restaurare in un sito che replica, seppur solo formalmente, la logica di un e-commerce. Con pochi clic quindi chiunque può avviare un progetto di restauro e diventare un mecenate digitale».

Tra gli aspetti interessanti di pArt ci sono anche le vostre strategie di comunicazione che hanno coinvolto ristoranti, illustratori ed artisti emergenti, sino alla recente collaborazione con gli studenti dello IED. Potete raccontarci di più su queste iniziative?

«Fin dal principio abbiamo voluto differenziarci nella comunicazione, anche perché uno di noi due founder, Maddalena, viene proprio da questo campo. Abbiamo quindi deciso di comunicarci in maniera innovativa e accattivante. Il mondo del restauro e dei beni culturali molto spesso è associato solo ad un pubblico di esperti o di settore. Utilizziamo canali differenziati, dal web, al territorio, ai social e creiamo fusioni di discipline, campi e attività. Da un qr code in prossimità delle opere da salvare a campagne specifiche che uniscono discipline diverse, come restauro e cibo. Siamo molto fieri di essere stati i primi ad aver portato il restauro di beni culturali su uno shop di Instagram o a portare i nostri mecenati a cena in un ristorante stellato se decidono di finanziare un’opera d’arte con noi. Crediamo che l’unione di discipline e le contaminazioni rendano la comunicazione più curiosa ed efficace. Ci piace, inoltre, lavorare con i giovani perché è proprio con loro che si creano nuove professionalità nei beni culturali. E poi vediamo che proprio i giovanissimi prendono a cuore la tutela dei beni culturali così come la questione ambientale. Per fortuna è una generazione attenta a queste tematiche».

Paolo Mangano, Maddalena Salerno, Lulù Nuti

Come il covid ha influito sul vostro progetto? Abbiamo visto che avete svolto una raccolta fondi a favore dell’ospedale Spallanzani di Roma attraverso la vendita speciale di opere di 12 artisti. Ma che situazione avete riscontrato nel campo del restauro?

«E’ sicuramente un momento difficile per molte aziende e quindi spesso i finanziamenti nei confronti della cultura passano in secondo piano. Ma la pandemia ha travolto indistintamente tutto il settore culturale e questo ha creato anche più senso di appartenenza e di responsabilità. Abbiamo felicemente assistito a tanti progetti di cooperazione e collaborazione nell’arte e nella cultura. Abbiamo anche notato che il consumatore, quindi l’utente online, spende in maniera più consapevole e oculata e fa più attenzione a cosa acquista o finanzia. Quindi preferisce spendere piccole somme per qualcosa di utile piuttosto che fare una spesa futile e d’impulso. La campagna che abbiamo attivato per lo Spallanzani è stato un piccolo grande traguardo realizzabile grazie al generoso contributo di artisti e mecenati».

Come, secondo voi, il pubblico percepisce il valore del bene culturale e del restauro? Dopo la nascita del vostro progetto, avete notato un cambiamento di approccio verso questa disciplina?

«Quello che ci dà più soddisfazione è vedere che il mondo del restauro e dei beni culturali, grazie al nostro piccolo contributo, è un po’ più vicino al grande pubblico e viceversa. Ci seguono tante persone non strettamente legate al settore dei beni culturali. Tanti dei nostri mecenati sono giovanissimi, millennials o nativi digitali, che si appassionano al nostro progetto e finanziano anche con soli venti euro, parte di un restauro in crowdfunding. Il nostro obiettivo è far comprendere a più persone possibili che i Beni Culturali appartengono a tutti noi e che tutti dobbiamo attivarci per preservarli.

Ci sono anche tanti pregiudizi e ignoranza sui Beni culturali. Per esempio, lo sapete che più di 700 Chiese italiane sono di proprietà del FEC (Ministero dell’Interno) e non dello Stato Vaticano? Per questo non facciamo distinzione tra beni Privati, Pubblici ed Ecclesiastici, purché siano fruibili al pubblico. Fanno tutti parte di un grandissimo patrimonio culturale che ci appartiene».

Quali sono le aspettative ed i progetti futuri di pArt?

«A seguito della pandemia ci stiamo concentrando e consolidando sulla nostra splendida penisola italica, in futuro vorremmo esportare il format pArt anche in altri paesi, perché come l’arte non conosce confini, anche la nostra iniziativa può internazionalizzarsi e rendere un servizio utile, concreto ed immediato per valorizzare altri patrimoni culturali che spesso sono stati influenzati o hanno influenzato quello che fruiamo giornalmente immergendoci nella nostra cultura».

Dettaglio di un restauro

Laureata in storia dell’arte con specializzazione in ambito contemporaneo all’Università La Sapienza di Roma. Durante la sua formazione ha studiato presso l’Universidad de Sevilla e Université Paris Sorbonne IV. I suoi studi si sono concentrati sull’arte andalusa contemporanea, sull’arte contemporanea femminile e gender studies. Ha svolto ricerche nell’archivio parigino AWARE, Archives of Women Artists, Research and Exhibitions, un'associazione co-fondata nel 2014 e diretta dalla celebre curatrice Camille Morineau. Tra il 2014 e il 2016 ha scritto per The Walkman Magazine e dal 2019 collabora con Exibart. In questi anni si è occupata di progetti di curatela come assistente di galleria e ha partecipato al Workshop Narrare per immagini al MAXXI e al progetto I had a dream, organizzato nel 2018 dalla Moleskine Foundation, insieme al curatore Simon Njami presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma.

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