Shin-on in giapponese è un termine generalmente usato per identificare il suono in 16 diverse accezioni o qualità: quelle percettibili provenienti dalla natura (il suono del bosco, dell’acqua), quelle intime proprie del sentimento e dell’anima (il suono delle labbra, del corpo, del cuore); infine quelle più metafisiche del sovrannaturale (il suono degli dei).
Tutte queste sfumature si ritrovano nelle tele e nelle installazioni di Shuhei Matsuyama. La sensazione sorprendente è quella d’immergersi in un’esperienza poliedrica, che
Note tintinnanti eppure discrete accompagnano sommessamente e guidano ad una visita degli spazi espositivi diversa dal comune, che regola serenità, quiete, attraverso una produzione intensa e rarefatta.
Colpiscono immediatamente le sfumature cromatiche: gli azzurri, i bianchi fumosi i caldi toni rosati che rimandano alle viscere della terra. Ed i tratti sulle tele di ampio formato, quand’anche rigorosi ed essenziali, perdono i loro connotati geometrici.
La domanda sull’origine primigenia delle cose, l’idea di nascita ed evoluzione sono presenti in larga misura nelle imponenti installazioni per le quali sono usati materiali poveri: sabbia colorata e sassi di piccolo taglio formano spirali che si aprono dal centro
La tecnica mista su multistrato che caratterizza tutte le tele, in cui si sovrappongono su una base di carta di riso i colori della natura, costituisce unità di materia che invita al contatto con gli elementi semplici e vivi di cui è composto il cosmo.
L’artista (uomo) deve essere libero e ciò è possibile solo conoscendo molte cose. Voglio per questo toccare tutte le cose per restituirle nel grande capolavoro di ogni artista. Commuoversi, avventurarsi e poi esprimere se stessi non è altro che immergersi nell’arte.
Matsuyama, con queste parole, lancia un invito. A perdersi nel profondo di ciò che sembra immobile per sperimentare la dimensione spirituale che caratterizza anche le cose più comuni, che quotidianamente popolano lo spazio umano.
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silvia pedroni
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