Sharon Eyal, Delay the Sadness, ph. Vitali Akimov
C’è della tenerezza in quei brevi gesti delle braccia strette al petto in segno di protezione, alzate come candelabri o in preghiera. C’è un senso di sgomento nelle mani sulla bocca come a trattenere le parole o per non saper dire ciò che si prova. C’è sentimento nel busto appena ricurvo dell’abbraccio che sostiene. Nel petto singhiozzante che si attenua e riprende, perché non si può trattenere il dolore. Nel ritmo sussultante che detta il tempo del distacco, e vuole rallentare la tristezza. In Delay the Sadness – “Ritardare la tristezza” – c’è un sentimento più profondo, rispetto ad altre creazioni, che muove l’animo di Sharon Eyal.
Lo spettacolo (debutto in anteprima al festival Torinodanza, il 5 settembre, e in prima mondiale alla Ruhrtriennale Festival der Künste, in Germania, il 12 settembre, già programmato per una lunga tournée europea) si nutre di un’esperienza personale della coreografa israeliana – è ispirato alla figura materna e a tutte le madri – estendendosi alla imperscrutabilità della vita, alla fragilità che contiene, con le sue gioie e dolori.
I corpi in continua tensione degli otto formidabili ballerini della compagnia S-E-D – Sharon Eyal Dance (di base in Francia, come la coreografa), si snodano e si tendono nel flusso imperturbabile, lento e a tratti accelerato, dei loro movimenti caratterizzati da quell’incedere ritmato e morbido delle mezze punte, e il controllo muscolare visibile dai distintivi body color carne. Nel comporsi e scomporsi di duetti, terzetti e quartetti, c’è sempre una figura, o più, che si stacca dal gruppo e vi rientra, con momenti in cui tutti si tengono per mano, in file diagonali, come a voler ritrovare sempre un unico battito, una sola unione, un approdo quale spazio comune di condivisione. C’è una coppia dove l’uomo sostiene delicatamente la donna nel suo cedere e riprendersi per resistere alla sofferenza, mentre accanto a loro scorrono ricordi attraverso la danza di altre tre coppie sullo sfondo.
In questa nuova creazione, nata in prova a Orsolina28 (coproduttore insieme a Torinodanza, La Villette di Parigi, Sadler’s Wells, e altre importanti istituzioni teatrali), Eyal esplora più che mai una condizione esistenziale con un afflato che aggiunge ulteriore sostanza al suo affondo sul corpo indagato quale strumento di riflessione e di emozioni.
Nel loop sonoro avvolgente di Josef Laimon modulato nel finale da una musica spirituale, si infiltra il respiro, un tenue lamento, la voce off della coreografa e un suo breve canto, mentre le luci del fedele light designer Alan Cohen plasmano i corpi e lo spazio schiarendo penombre, puntando luci laterali o cerchi per disegnare atmosfere intime. Costruito con passi, posizioni, posture riconoscibili del linguaggio di Eyal, con sprazzi di linee classiche stilizzate, e secondo una scansione temporale e simmetrica tipica del suo vocabolario, Delay the Sadness segna una nuova tappa nella carriera della coreografa, ampliando, drammaturgicamente, quei movimenti pulsanti, spesso ripetitivi e compulsivi, che abbiamo imparato a conoscere nelle sue creazioni.
Eyal, va ricordato, è cresciuta come danzatrice nella Batsheva Dance Company tra il 1990 e il 2008, è stata direttrice artistica associata dal 2003 al 2004 e coreografa interna per la compagnia dal 2005 al 2012, e dal 2013 Eyal ha lanciato la sua compagnia con il suo collaboratore di lunga data Gai Behar.
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