Elisabetta e Gennaro Lauro, Zugzwang, ph. Andrea Macchia
Un dilatato, poi ritmato slow-motion di posture, di gesti quieti che si sagomano e scompaiono, si bloccano e riprendono; assumono forme minimaliste, profili esili, linee sbilenche di braccia mani e gambe; rotture e ricomposizioni fisiche, contrazioni del busto. Gesti ripetuti, cadenzati, che racchiudono una memoria famigliare. A essi se ne aggiungono man mano altri accompagnati da piccoli spostamenti nel rimandare lâuno allâaltro lo scatto corporeo ed emotivo, che dallo stallo suggerisca unâazione. Nelle intenzioni del loro âZugZwangâ, i danzatori e coreografi Elisabetta Lauro e Gennaro Andrea Lauro (dai percorsi diversi, e attivi tra Germania, Francia e Italia, qui con produzione Sosta Palmizi) si ispirano alla struttura del gioco degli scacchi dello ZugZwang, «âŠDa quel momento in cui, tecnicamente, il giocatore Ăš obbligato a fare una mossa, benchĂ© muovere non gli porterĂ alcun vantaggio nĂ© lo farĂ avanzare», per costruire una ragnatela inestricabile di semplici combinazioni di movimenti, di incrinature fisiche atte a intessere una relazione che dallâinerzia attivi dinamiche, slanci e ricordi, per aprire spiragli vitali.
I Lauro, ci dicono nelle note programmatiche, di essere due individui, fratello e sorella, pedine allâinterno di una scacchiera della quale provano a disinnescare il gioco piegandone le regole, superando enigmi da decifrare. «Trasposta in altri ambiti della vita, la sintassi della scacchiera ci ricorda una certa logica costrittiva che definisce la nostra identitĂ , la nostra presenza nel mondo, il disegno gerarchico di relazioni in cui siamo cresciuti e quindi le nostre presunte possibilità ».
Li vediamo appena distanti lâuno dallâaltra imperturbabili nel viso, muoversi inizialmente in silenzio ciascuno nella propria solitaria segmentazione degli arti, testa compresa, che ricorda dei segni vicini al Tai Chi, quasi a modellare una ricerca di armonia ed equilibrio nel progressivo agire. Graduale Ăš anche il suono provenire dal fondo di una consolle guidata dal musicista Amedeo Monda, unâinterferenza che giunge a smuovere la staticitĂ della coppia e attivare un dialogo sonoro alternato, stridente o appena udibile, che parte dallâarmonica a bocca, segue campionamenti elettronici, e cenni di chitarra. Quando il suono pulsante cede il posto alla canzone âImmensitĂ â di Andrea Laszlo De Simone, la danza incalza con i due performer che si avvicinano, si intrecciano, si sincronizzano, si espandono, assumono espressioni facciali sancendo infine, chissĂ , una ritrovata libertĂ e unitĂ , mentre la luce si spegne.
Al di lĂ della concettualitĂ simbolica della tematica sottesa, chiara o meno, abbiamo ammirato, nellâimpeccabile lavoro della coppia, il rigore compositivo espresso dalla ricerca di movimento, dalla tensione che lo anima, dal plastico conflitto dei corpi nel vibrare come strumenti, sculture, infine umani.
Spettacolo visto al Teatro Basilica di Roma nellâambito della rassegna di danza contemporanea âNel bluâ. Il 22 luglio a Perugia, Chiostro di SantâAnna, per âUmbria Danza Festivalâ. Produzione Sosta Palmizi, Compagnie Meta (Francia), Cuenca/Lauro (Germania), coproduzione âFestival danza in Reteâ Teatro Comunale CittĂ Â di Vicenza.
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