Trasformazione, mutamento, transito, scivolamento di un’identità in un’altra sono tratti caratteristici del nostro tempo e del nostro design. Va tuttavia sottolineato come questa diffusa mutabilità del mondo materiale sia meno ovvia di quel che sembri. Non è infatti scontato che in un mondo fatalmente privo di ideologie “costruttive” la trasformazione (dell’ambiente, degli oggetti, delle persone) corra oggi più spedita che mai. In effetti, pur senza la forza propulsiva delle utopie classiche, c’è molta energia in circolazione. Certo, un’energia diversa da quella che nutrì il secolo appena concluso, un’energia debole e diffusa, pallida ma “in rete”, che se da un lato non cambia il mondo dall’altro non lo lascia nemmeno essere quello che è.
Opos ha di recente promosso un concorso per giovani designer il cui tema era proprio la “trasformazione”. Il risultato si è presentato meno come una serie di “prodotti” che come insieme di incursioni, infiltrazioni, blitz negli interstizi del mondo e del linguaggio degli oggetti, intento a scovare le fessure (sempre presenti) nei punti di giunzione delle categorie epistemologiche, da usare come “crepe” in cui annidare elementi di resistenza –o di incitamento– alla trasformazione.
Joevelluto e Eddy Antonello sono fra quelli che hanno scelto di premere l’acceleratore sul cambiamento. Il loro Pimp My (Ikea) Chair consiste in un kit per modificare una sedia Ikea (modello Ivar)
Più sfumata appare la collocazione di idee come Cloth Bags, di Luisa Corna, borsa realizzata con stracci (nuovi) in cui la rapida fine dell’oggetto è volta in positivo attraverso la sua trasformazione in cencio. Ma non si tratta di semplice riutilizzo. La parabola del progetto infatti non è lineare ma circolare, perché la trasformazione della borsa in straccio non è che il ritorno dell’oggetto alla sua identità originaria.
Dal canto loro, A4Design e Anna Casiraghi presentano Seed City, bustina di semi monodose da spargere nelle crepe del cemento per dare forza al mutamento della metropoli in natura, ovvero per dare forza alla resistenza della natura momentaneamente sottomessa al leviatano urbano. Anche Ernest Perera, che con Exact tenta di misurare l’informe, rientra nel nutrito gruppo di coloro che per volontà o necessità restano in una zona ambigua, concentrando nel loro progetto tanto il desiderio quanto la paura del cambiamento.
Il fatto che queste strategie di incursione negli interstizi della realtà materiale non prendano una posiziona netta nei confronti della trasformazione deve essere visto più come onestà intellettuale –o comunque consonanza ai tempi– che come mancanza di coraggio.
Ambiguo oggi è il mondo, l’oggetto, la persona. Ambigui sono i sentimenti che questi ragazzi provano. Ambiguo è il luogo del loro progettare.
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www.opos.it
stefano caggiano
[exibart]
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