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exiwebart_theory | New Media Fitness

di - 16 Aprile 2007

Muscoli in tensione, sudore, respiro affannoso, aumento del battito cardiaco. Durante l’attività fisica rilasciamo sostanze chimiche, torniamo a sentire il nostro corpo e le sue dinamiche, ne esploriamo i limiti e le potenzialità, recuperando la coscienza della nostra esistenza materiale. In un’epoca contraddistinta da una sempre più profonda scissione tra pensiero e corporeità, “fare movimento” si riduce spesso ad un rimedio forzato contro gli acciacchi dovuti alla sedentarietà, come se la massa corporea fosse soltanto uno scomodo fardello da manutenere, persino un po’ controvoglia. Questo diventa ancora più vero per chi trascorre gran parte del proprio tempo circondato dai terminali della comunicazione tecnologica, immerso in universi virtuali, coadiuvato negli spostamenti da mezzi di trasporto (fisici e mentali) che tralasciano e inibiscono il movimento fisico privilegiando le dinamiche psichiche.
L’indagine sul rapporto tra l’attività cerebrale e le logiche del corpo non è certo un campo di indagine nuovo per l’arte, specie quella elettronica, che sin dagli anni Sessanta, e ancora di più dagli anni Ottanta in poi con il proliferare delle installazioni interattive (in cui l’atto fisico dello spettatore contribuisce ad attivare le opere), ha spesso cercato di ri-connettere i due universi, indagandone con piglio sperimentale le logiche e le connessioni. La tematica tuttavia, lungi dall’essere esaurita, continua ad affascinare i new media artist di tutto il mondo, che negli ultimi anni, dopo un decennio in cui la tendenza più evidente era quella verso una smaterializzazione estrema (pensiamo alla Net Art e alla Software Art), sono tornati a lavorare con insistenza sull’intreccio chiasmico di corpo e mente.
Sorprende, in particolare, la comparsa della tematica sportiva in senso stretto, in un proliferare di campi da tennis e da ping pong, tapis-roulant e ring di ogni genere. In alcuni casi il movimento viene “tradotto”, tramite l’uso di sensori e software appositi, in output musicali.

È il caso di Full Contact Concert, di Stefan Brunner e Michael Wilhelm, performance durante la quale sono i colpi di un incontro di boxe a produrre il concerto annunciato dal titolo, mixando, attraverso un computer controllato da una terza persona, gli impulsi generati dai colpi, dal respiro e dal battito cardiaco dei due contendenti. Simile il funzionamento di Skatesonic, del sudafricano Cobi van Tonder, in cui le evoluzioni nello spazio di uno skateboard trasmettono dati via bluetooth ad un computer che li trasforma in sequenze sonore.
Riflette invece sui meccanismi della telecomunicazione Telephoneboxing, divertente progetto del duo olandese (residente a Tokyo) openTop. All’interno di un container sono posizionati sulle pareti dieci grandi bottoni numerati e imbottiti come sacchi da boxe. Si tratta in realtà di veri e propri tasti telefonici oversize, che devono essere colpiti con violenza dal fruitore che voglia comporre il numero sull’inconsueta tastiera per fare la più classica delle telefonate a casa. Una volta stabilita, con fatica fisica, la connessione, si sarà costretti ad urlare per farsi sentire da chi è all’altro capo del telefono, visto che il ricevitore si trova molti metri più in là, in fondo alla stanza. La difficoltà dei processi di comunicazione interpersonale viene così efficacemente metaforizzata tramite la messa in scena di uno sforzo fisico intenso. Devono gridare più forte che possono anche i visitatori che si vogliano cimentare con il Motor Karaoke, opera di Mehdi Hercberg e Raphael Seguin, gara motociclistica virtuale in cui la velocità del mezzo che appare sullo schermo è determinata dai decibel che si riescono a produrre.
Non è tenero con il pubblico delle sue installazioni nemmeno l’olandese Marnix de Nijs, che già nel titolo lo esorta al movimento con un’espressione a dir poco colorita: Run Motherfucker Run. L’opera è costituita da un enorme tapis-roulant industriale posizionato di fronte ad uno schermo su cui scorrono in soggettiva (in parte filmate, in parte realizzate in computer grafica) le strade deserte di una città virtuale. La velocità con cui si corre e le direzioni imboccate vengono recepite in maniera esatta dall’ambientazione digitale che anima la proiezione, determinando le caratteristiche e la durata dell’esperienza. Rivisita invece il tennis Dirk Eijsbouts, autore del progetto Interface #4 Tft Tennis V180, un congegno che sostituisce pallina e racchetta in un colpo solo con un monitor a cristalli liquidi che serve a visualizzare i movimenti della sfera e a colpirla seguendo la giusta angolazione.

Se negli esempi finora citati il movimento fisico viene reintrodotto e valorizzato, diventando lo stimolo primario che permette all’opera stessa di funzionare, un filone di ricerca opposto e complementare mira alla sua eliminazione totale, concentrandosi esclusivamente sull’uso della mente. È il caso dell’affascinante Brainball, prodotto da Smart studio, un nutrito gruppo di ricerca con base a Stoccolma. Si tratta di un congegno per due giocatori, il cui scopo è semplicemente quello di guidare nella buca avversaria una pallina. Sembrerebbe facile, se non fosse per il fatto che non si possono usare né le mani, né i piedi, né la racchetta o la mazza da golf. L’unico stimolo che fa muovere la pallina sono le onde cerebrali, e in particolare quelle rilasciate dal cervello in condizioni di relax totale: le onde alfa e teta. Vince, quindi, chi riesce a raggiungere il grado di passività e calma maggiore. La sfida, com’è facile intuire, non riguarda la pallina o il campo da gioco, ma il controllo dei propri stati mentali.

link correlati
Full Contact Concert
Skatesonic
Telephoneboxing
Motor Karaoke
Run Motherfucker Run
Interface #4 Tft Tennis V180
Brainball

valentina tanni

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 35. Te l’eri perso? Abbonati!

[exibart]


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