Monica Benassi, Quel che resta di noi
Da una parte, uno sguardo sulle emergenze dell’ambiente, dall’altra, una metafora sullo scorrere della vita umana. Visioni in dialogo attraverso il mezzo fotografico da Movimento Aperto, spazio espositivo di Ilia Tufano, a Napoli, che presenta due progetti di Monica Benassi, “Quel che resta di noi”, e di Silvia Tampucci, “Percorsi interrotti”, a cura di Giovanni Ruggiero.
«La terra si riscalda sempre di più, i fiumi sono in secca, ai pesci manca l’ossigeno e a volte anche a noi. Qualcosa rimarrà anche dopo. Immagini scaldate dal sole, macchiate dalle piogge ma ancora leggibili per chi le coglierà e in qualche modo potrà ripartire, perché la vita, alla fine vincerà sempre», spiega Benassi. Ed è proprio dalla memoria conservata sulla superficie di queste immagini che scavano in profondità, che si potrà trovare una speranza di ripartenza.
«Per Monica Benassi – scrive Isabella Tholozan – la fotografia è materia, sostanza che diventa duttile e plasmabile a suo personale uso, necessaria essenza con la quale è possibile dare forma alle immagini. La realtà viene così non solo rappresentata ma manipolata dall’autrice in una attività esperienziale che coinvolge la chimica, le tecniche di stampa financo il supporto cartaceo, scelto per ogni occasione con grande attenzione. La poetica diventa così parte integrante dell’oggetto fotografico, si fa materia e dialoga con l’osservatore attraverso la propria nuova forma». Le immagini in mostra portano i segni di bagni chimici ed esposizioni alla luce estrema del sole e «Raccontano di un futuro apocalittico, dove l’infanzia paga le conseguenze delle scellerate scelte dell’uomo, volte al solo sfruttamento. Il tema ambientale è affrontato con disincanto, l’esito raccontato è quello finale, al di là di ogni tentativo di recupero», continua Tholozan.
“Percorsi interrotti”, progetto avviato da Silvia Tampucci dal 2016 e realizzato attraverso la fotocamera dello smartphone, esprime lo scorrere della vita. «La striscia orizzontale corrisponde alla vita di ciascuno di noi, che viene interrotta da un evento inaspettato (striscia verticale) che destabilizza (doppia immagine sovrapposta e spostata per enfatizzare la destabilizzazione) e porta ad un cambiamento (modifica cromatica della solita striscia orizzontale per indicare la modifica della vita)», spiega Tampucci.
«La sensazione di reazione e liberazione è molto simile. Utilizzo la fotografia per rendere libere e raccontare sensazioni e stati d’animo che si presentano in alcuni momenti della mia vita, una sorta di “terapia” che mi aiuta a metabolizzare pensieri ed eventi. Negli anni ho indirizzato i miei scatti verso una fotografia che definirei concettuale tramite la quale, utilizzando immagini del mio corpo o dell’ambiente, esprimo le emozioni vissute».
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