Categorie: genova

fino al 16.VII.2006 | Marcel Duchamp: una collezione italiana | Genova, Villa Croce

di - 22 Maggio 2006

Difficile parlare di Marcel Duchamp senza proferire banalità o scivolare nel già detto. Perché Duchamp è la storia dell’arte del Novecento. La sua mamma nubile, ma non vergine. E non lo è soltanto per aver firmato un orinatoio e averlo proposto ad una mostra, né per aver messo i baffi alla Gioconda o per aver dipinto, su un pannello di vetro, una strana macchina allegorica, chiamandola La Maria. Spogliata dai suoi corteggiatori, pure. Lo è anche per aver abbandonato l’arte quando l’arte era solo la pittura, per essersi messo a giocare a scacchi e per le mille cose che faceva tra una partita e l’altra, e che noi adesso consideriamo arte: fumare il sigaro, organizzare mostre, impaginare libri e cataloghi, consigliare collezionisti, curatori e giovani artisti, confezionare graziose valigette che contenessero, in pillole, tutto il suo vissuto. O prendere la carta verde di un cioccolatino e scriverci sopra: “A guest + A host = A ghost”. Ecco: Duchamp è stato, per l’arte del Novecento, l’ospite fantasma, sempre invisibile ma sempre presente, anche nelle sue manifestazioni più discrete. Del resto, l’ha detto anche Arturo Schwarz in conferenza stampa: “Non c’è ramo dell’arte contemporanea che non sia direttamente debitore dell’esperienza di Duchamp.”
Ma passiamo alla mostra. Se pensate alla solita “vorrei-essere-una-retrospettiva-ma-mi-mancano-le-opere”, vi sbagliate di grosso. La mostra curata da Sergio Casoli al museo di Villa Croce a Genova non è altro che l’allestimento, proposto per la prima volta al pubblico, della collezione di Luisella Zignone. Una bella collezione, non c’è che dire: tanto più perché, lungi dall’ostentare orgogliosamente una teoria di ingombranti capolavori da monografia Taschen, ha il tono intimo e dimesso del diario di una adolescente, zeppo di fotografie e reperti dell’idolo di turno. Con devozione, pazienza e amore Luisella Zignone ha raccolto il lavoro di Duchamp facendo attenzione alla sua qualità mentale, e accompagnandola con un ricco materiale documentario.

I pezzi grossi non mancano certamente: alcuni celeberrimi ready-made, dallo Scolabottiglie alla Fountaine alla pala appesa al soffitto (nella riedizione di Schwarz del 1964); le acqueforti del 1965 dedicate al Grande Vetro; alcune belle fotografie di Man Ray e di Ugo Mulas; lo strepitoso Couple of Laudress’s Aprons, un ready-made aiutato del 1959 che esibisce due presine da cucina dotate di attributi sessuali; Door, 11 rue Larrey, Paris del 1927 (una porta contemporaneamente aperta e chiusa) e la Green Box del 1934. Ma la mostra sembra piuttosto invitare (sulla scorta, del resto, dell’artista e delle sue “scatole”) a guardare all’opera di Duchamp come ad una costellazione complessa, in cui l’energia intellettuale circola in maniera imprevedibile, concentrandosi spesso in interventi apparentemente minimi. Dalla mostra non si esce affetti da indomabile sindrome di Stendhal, ma con la sensazione di conoscere di più, più a fondo, l’opera di uno dei grandi del Novecento. E con la chiara consapevolezza che le ferite che ha aperto non si sono ancora rimarginate.

domenico quaranta
mostra visitata l’11 maggio 2006


Marcel Duchamp: una collezione italiana  – a cura di Sergio Casoli
Museo d’arte contemporanea Villa Croce, Via Jacopo Ruffini 3 – 16128 Genova
da martedì a venerdì 9.00 – 19.00; sabato e domenica 10.00 – 19.00; lunedì chiuso – tel +39 010580069, fax +39 010532482
Email. museocroce@comune.genova.it
web. www.museovillacroce.it


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