Un solo istante, un solo clic e l’immagine appare. È la rivoluzione del mondo della fotografia e si chiama Polaroid. È stata usata da tutti, bimbi compresi. Conquistato dall’invenzione di Edwin Land, anche Andy Warhol la sfruttò nei vernissage newyorkesi, rubando ritratti a curatori, galleristi, artisti e contribuendo a farne uno strumento universalmente apprezzato e un oggetto culturale di primaria importanza. La vita veloce della Grande Mela fluiva nel “giocattolo” istantaneo come in uno dei suoi più intensi simboli. Nonostante le alterne fortune, e a sessant’anni esatti dalla sua nascita, la scatoletta magica, continua ad essere utilizzata da molti artisti e, come nel caso di Maurizio Galimberti, ad essere l’unica passione scevra da tradimenti per raccontare una realtà affrontata da sempre con impeto sperimentale.
Ideatore del movimento Polaroid Pro-Art, grande sostenitore delle molteplici possibilità offerte dal mezzo fotografico, esperto manipolatore, Galimberti ha dedicato, dal ‘93 ad oggi, buona parte della sua ricerca al ritratto, reinventando un genere che nel mondo dell’arte ha radici profonde. Johnny Depp, Goran Bregovic, Lucio Dalla e Umberto Eco sono solo alcune delle celebrità dello spettacolo e della cultura ritratte dal fotografo milanese e presentati ad Alassio in una mostra inedita.
I molteplici punti di vista che Galimberti sfrutta per comporre, secondo auree regole pittoriche, i visi noti dei personaggi, restituisce loro nuove identità. Lo stesso Johnny Depp riconosce che nel proprio ritratto: “ci
La polaroid è da sempre sinonimo di spontaneità, ma nelle mani di Galimberti realizza una progettualità che si consuma in breve tempo, in una danza di scatti volta a comporre una sinfonia visiva, un caleidoscopio di tessere nelle quali il soggetto ritorna come in una esperienza quasi psichedelica, di percezione alterata. Le foto sono scattate a distanza ravvicinata. Angelica Huston se ne protegge, tradendo un senso di fastidio, una voglia di fuga. “La posa della persona ritratta non è mai una posa caratteriale ma è gestuale, inerente al movimento che le faccio attorno”, afferma Galimberti mentre procede negli scatti dall’alto in basso e da destra a sinistra, mantenendo un proprio ordine mentale, da cui scaturiscono una sorta di “classica” armonia e un ritmo che governa severamente le composizioni.
Con l’abilità di uno scenografo incornicia la chioma bianca, il volto e le mani di una sofferente Lalla Romano: non vi sono dettagli esteriori fini a se stessi, ma sensazioni e coinvolgimento emotivo che attraversano il momento dello scatto e giungono a noi, illustrando un’estetica che sarebbe impossibile senza interiorità.
francesca di giorgio
mostra visitata il 23 giugno 2007
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Galimberti furbastro! David Hockney queste foto polaroid di cui ha fatto la sua cifra le faceva trent'anni fa!!