L’Ottocento italiano e straniero, interpretato dalla sensibilità acuta e vivace di Giuseppe Mazzini (Genova 1805 – Pisa 1872 ). Non tutti infatti sanno che il fondatore della Giovine Italia, che nel Risorgimento combatteva per una penisola Una, Libera e Indipendente, è stato anche un esperto e deciso critico d’arte. Mazzini sosteneva l’ideale di un’arte unitaria e nazionale, con la quale si potesse affermare la dignità e il valore dell’unità della nazione italiana. Fuggendo le reminescenze classicheggianti, apprezzava profondamente le opere del Romanticismo, raffiguranti scene patriottiche o immagini della storia contemporanea. Il suo interesse ha toccato anche i Macchiaoli che, con ancora maggior intento realistico, hanno descritto la vita quotidiana del popolo.
L’artista prediletto di Mazzini è senza dubbio Francesco Hayez (Venezia 1791- Milano 1882) di cui sono esposti molti capolavori. Il critico genovese ha sottolineato con entusiasmo l’abilità e la raffinatezza del giovane pittore di umili origini, che ritrae senza falso moralismo i ceti meno fortunati. Anche i borghesi o i nobili ricorrono nelle tele di Hayez, che immortala in memorabili ritratti passati alla storia Cristina Barbiano di Belgiojoso Trivulzio (1830-31) e i grandi nomi della cultura italiana, come Alessandro Manzoni. La Congiura dei Lampugnani(1926-29) o la vicenda di Pietro Rossi, signore di Parma, spogliato dei suoi domini dagli Scaligeri, esprimono per Mazzini il realizzarsi del “bello moderno italiano” con la celebrazione del “sentire contemporaneo”. Successivamente Hayez scopre una vena più intimista e suggestiva, forse stimolata dalla frequentazione del poeta Maffei, che lo porta a rappresentare immagini metaforiche come quella di Un Pensiero Malinconico o la Meditazione (1850-51), possibile simbolo dell’Italia tradita e abbandonata.
La sezione dedicata ai Romantici illustra momenti salienti della storia collettiva, quando gli oppressi si ribellano all’oppressore, come nelle lotte per l’indipendenza della Grecia dalla Turchia o le rivolte del 1830 a Parigi e i moti del 1848 in
L’ultima parte della mostra è dedicata ai Macchiaioli, che con un’arte rivoluzionaria volevano costruire una società diversa, fedele agli ideali mazziniani. Per questi artisti, spesso arruolati in battaglia, la macchia di colore era la sola regola che costituiva il significato di tutto il dipinto, costruendo uno stile sintetico di forte impatto emotivo. I capolavori di Giovanni Fattori (Livorno 1825- Firenze 1908), Telemaco Signorini (Firenze 1831- 1901) e Silvestro Lega rappresentano episodi della seconda guerra di indipendenza, come nello splendido Campo italiano dopo la battaglia di Magenta (1860); oppure scene di vita umile e agreste, con minore enfasi drammatica e ricercatezza, ma maggiore attenzione alla realtà del mondo contadino. La disillusione e l’amarezza, suscitate dal tradimento degli ideali risorgimentali si leggono nel ritratto funebre di Mazzini, raffigurato da Lega come un povero vecchio, solo e abbandonato nella disgrazia.
L’esposizione è vasta e molto cura, in grado di soddisfare gli interessi più esigenti. Ad essa si affiancano moltissimi eventi collaterali, in particolare l’ulteriore allestimento del Risorgimento tra due mondi- Immagine del Risorgimento italiano in America latina, presso il Sottoporticato del Palazzo Ducale, in cui numerosi documenti attestano i rapporti tra l’Italia risorgimentale e diversi paesi sudamericani. Oppure alcuni percorsi dedicati alla vita di Mazzini presso il complesso di Sant’Ignazio o nella sua casa natale, recentemente restaurata. E poi conferenze e convegni, nonché concerti e film dedicati al glorioso e sofferto passato dell’Italia risorgimentale.
vera agosti
mostra visitata il 19 novembre 2005
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