Categorie: genova

Performance VB48 di Vanessa Beecroft | Genova, Palazzo Ducale

di - 14 Maggio 2001

In luglio sarĂ  una delle tue ormai notissime performance a inaugurare il G8 a Genova. Che tipo di lavoro presenterai?
Una performance con trenta ragazze in una formazione ovale all’interno della Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale. Un monocromo che si ispira all’illuminazione del Caravaggio. Il resto e’ confidenziale.

Hai optato per le modelle, ma potevi scegliere anche i marines, che ultimamente caratterizzano le tue opere. C’è un motivo particolare per questa scelta?
La scelta della Navy Americana non è uno scherzo. Ho realizzato due progetti con l’autorizzazione della burocrazia militare e con un anno di lavoro ciascuno. L’ultimo progetto in programmazione per Napoli è stato cancellato dal Pentagono. Non si tratta di fiction, se c’è la Marina è perché il Dipartimento di Difesa mi ha autorizzata ad usarla. Se le ragazze sono nude è perché lo sono veramente senza essere professioniste. Inoltre i militari durante il G8 non avrebbero creato alcuna complicazione, mentre il lavoro interagisce con il contesto in cui si trova in modo dialettico. Per i presidenti ci vogliono le ragazze.

Con questo nuovo lavoro torni a Genova, tua cittĂ  natale. Che rapporto hai con la cittĂ ? Torni spesso? Ormai sei a tutti gli effetti una newyorkese o prevedi un ritorno in Italia?
Non mi sento legata fisicamente a nessuna cittĂ  del mondo. Sono nata a Genova, ma non sono cresciuta a Genova. Ho un rapporto con la cultura italiana e affettivo con la mia famiglia che incontro durante i viaggi di lavoro che mi riportano in Italia. Non sono newyorkese come non sono mai stata italiana; non ho un rapporto geografico con il mondo, ma virtuale e risiedo dove lavoro meglio.

La tua arte tende a svuotare di significato iperstrutturati sistemi di potere quali la moda o l’esercito. La performance a Genova aprirà i lavori del G8, quasi il massimo simbolo del potere polico ed economico mondiale. Una provocazione?
Le performance non hanno un riferimento alla moda, uso gli accessori di moda come elementi della composizione e per la loro fotogenia rispetto ad oggetti ordinari. Mi interessa la provocazione, non come soggetto, ma come parte della forma, dentro la forma e destinata a provocare a lungo.

Prima della performance genovese inaugurerà la Biennale, quale sarà l’opera di Vanessa Becroft a Venezia?
A Venezia presenterò due progetti: uno con Harald Szeemann, The Sistser Project alle Artiglierie e uno alla Fondazione Peggy Guggenheim, VB47.
Il Sister Project è un Calendario che consiste di 12 stampe lunghe tre metri e mezzo ciascuna, che rappresentano i cambiamenti di stagione in un anno e degli umori di una donna. La modella di 15 anni mantiene la stessa posizione in tutte le foto mentre il suo incarnato, capelli, unghie e illuminazione cambia in ciascuna. Bianca e fredda in inverno; rosa e bella in primavera; abbronzata e stanca in estate, normale in autunno. Il riferimento per questo progetto è una donna tra Vanessa Redgrave, Twiggy e un marmo del Canova.
VB47 è una performance alla Fondazione Peggy Guggenheim, il 9 Giugno ispirata alla pittura di De Chirico, “Il ritorno di Ulisse”, 1968 dove un uomo rema in una barca all’interno di una stanza arredata. I dettagli sono ancora privati.
Lavorerò probabilmente con i designers inglesi Philip Tracy e Alexander Mc Queen per il guardaroba di questo lavoro e con modelle yugoslave.

Cosa farai nei prossimi mesi? Anticipaci qualcosa dei tuoi prossimi impegni.
VB47, Venezia; VB48, Genova; VB49, l’Opera di Parigi; VB50, Saint John’s Divine in New York; VB51, San Paulo, Brazil; VB52, Museo Rufino Tamayo, Mexico City; VB53, Moscow, Russia…e il 30 Settembre faro’un figlio.

intervista a cura di Massimiliano Tonelli

dida prima foto:
VB 43 Gagosian Gallery London, UK Photo by: Todd Eberle © 2000 Vanessa Beecroft

[exibart]



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  • Per caritĂ , le vostre sono valide argomentazioni. Vedete, a mio parere il fatto che Vanessa abbia fatto questa cosa dentro il perimetro della fantomatica linea, il fatto che sia riuscita a farsi magari anche pagare per questa performance e quant'altro, sono fattori che depongono a favore dell'artista. Ci sono vari modi per fare provocazione. Bene gli hacker e le tute bianche della non violenza, ma voi rischiate così di fare passare Vanessa come strumentalizzata dal potere. Siete proprio certi che sia così? Riguardo poi al fatto che il nome della Beecroft sia sulla bocca di tutti... mah: per me ce n'è ancora di strada da fare per far sì che l'arte contemporanea in Italia entri a far parte degli interessi comuni degli italiani. Però vi dirò pure che questa vicenda mi fa parecchio riflettere. Se ho ragione io allora Vanessa ha fallito, perchĂ© neppure gente come voi condivide la mia idea. L'alternativa è che abbiate ragione voi, e allora... abbasso Vanessa. Io spero che il tempo mi dia ragione, spero che Vanessa, con i suoi prossimi progetti, sappia far ricredere gli scettici (come mi sono ricreduto io nel caso presente)sul significato e la portata della performance per il G8, costringendoli a rivedere certe posizioni e rileggere la sua opera. Io aspetto.

  • E sì, anche a me sembra troppo comodo. Penso che sia una finta protesta: alla fine verrĂ  lautamente pagata proprio da quei grandi (addirittura grandi?!). Non credo alla protesta fatta "da dentro"; penso piuttosto a una ricerca di notorietĂ  che la politica può darle (ulteriormente, come se ne avesse bisogno) in tutto il mondo.
    E' sempre difficile dire che cosa sia l'arte; Argan diceva: "è arte la storia dell'arte", ma forse tralsciava il contemporaneo - pure il suo contemporaneo.
    Gli hacker entrano e basta nelle banche dati, senza chiedere permessi; la Beecroft li ha eccome i permessi. E poi le sue performance non mi sembrano così sovversive.
    E' dura fare i ricercatori nell'arte contemporanea. E ancora più duro è il sapersi rinnovare senza adagiarsi su cliché ormai già testati, entrati nella memoria collettiva e, oggi, più rassicuranti che mai.

  • il caro amico Alkuoneus ha ragione. troopo comodo. Ho visto anche i giapponesi incazzarsi alla biennale contro McDonald's....chiedendo loro il permesso per utilizzare il marchio come protesta! modaiola sta cosa ahn?

  • queste modelle di colore, nella sala del Gran Consiglio di quella che fu una grande capitale del mondo, mi fa ripensare a Genova La Superba, ai suoi traffici, ai suoi grandiosi commerci, alle sue colonie, alla sua formidabile potenza economica.

  • la sua operazione benedice gli spazi e gli eventi e offende chi crede nel mondo di nuova eta'!!
    donne e marines perche no!"!! basta il protagonismo e il presenzialismo a dare un marchio!!
    senza paghe niente idee ma solo riciclo di mostruosita'!!!
    fate attenzione, la beecroft per il g8 non fara notizia anzi profondera nel silenzio!!
    la vera operazione e quella delle tute bianche & co.
    peccato pero' che loro facciano notizia e non ci guadagnino niente !

  • Infilo qui un "annuncio" di Anna Lavagnino che credo sia bene conoscere nel contesto della discussione.
    La Sfera di Renzo Piano
    La sfera, che sta lentamente prendendo forma nell'area del Porto Antico genovese, a metĂ  di Ponte Spinola e di fronte all'Acquario, avrĂ  un diametro di sedici metri, duecento metri quadri di superficie espositiva e sarĂ  alta 17 metri e mezzo sul livello del mare.
    SarĂ  composta di trapezi ricurvi di vetro extra white dotati di "palpebre" intelligenti per proteggere felci e farfalle dalle radiazioni solari e mantenere all'interno una temperatura costante. Vi si accederĂ  dalla banchina e vi si potranno ammirare da vicino un migliaio di farfalle che voleranno in libertĂ  in una foresta di felci pregiate fornite dall'Orto Botanico di Genova.
    Tutto questo dopo il G8, in occasione del quale è previsto un allestimento ad hoc ancora in fase di studio.

  • Penso che Anna abbia ragione. Che l'arte possa essere "dAPERTutto" (vedi Biennale '99) ce lo ha insegnato Duchamp il secolo scorso. E così ha legittimato tutto quanto è venuto dopo (pure qualche castroneria).
    A mio avviso, il fatto è che oggi alcune ricerche siano più nell'ambito dell'"immagine". Intendo dire che la comunicativa di certi lavori è raggiunta solo quando vengono pubblicati, stampati. Penso, per esempio, a Matteo Basilé: funziona sulle riviste, quando diventa, appunto, "immagine" (nel suo caso è proprio un lavoro da grafico, quale è); dal vivo (a me) restituiscono ben poco.
    Pensando alle contestazioni, torno con la mente per un attimo a Fluxus - sempre attuale viste le mostre di Plessi a Venezia, Video Arte a Ferrara, Name June Paik a Bilbao, Viola in Biennale. Il movimento contestava la comunicazione di massa - allora agli albori - con i suoi stessi simboli. E dalla consapevolezza polemica ha trovato una strada autonoma nella ricerca formale.
    L'arte (più o meno) è globale da sempre. Quella vera esce da confini territoriali e temporali. La globalizzazione, coinvolge l'umanità in toto, e l'arte di conseguenza.
    Per quanto riguarda il nostro terreno, credo ciò appiattisca e uniformi le ricerche artistiche che perdono di identità.
    Prendiamo coscienza della nostra identitĂ  solo quando ci confrontiamo col diverso; ma se questo diverso non esiste piĂą allora ci possiamo anche trovare spaesati.

  • Caro Silvio citazion-Saura,
    L'arte è dappertutto?..... mmmmmmm... questa l'ho già sentita....
    Ah, giĂ . Ora ricordo.
    Certe cose non si dimenticano.
    Che l'arte sia globalizzazione da sempre, invece, mi è nuova. E anche io conosco Duchamp.
    Egli intendeva un'altra cosa, per chi lo capisce, ovviamente.
    Ciao, Biz.

  • Caro Biz,
    questa volta è colpa mia, non di Saura, che ha ripetuto una mia espressione,: quel "globale" riferito all'arte, vuol dire universale, immediata, leggibile proprio perché "Langue", desaussurianamente intesa, al di sopra della parola, dello spazio e del tempo. Saura voleva forse farsi capire da me, che ponevo la differenza tra globale e globalizzato, riferito al contesto attuale. Perdono. Spero adesso di non aver ulteriormente confuso le acque, per la mia mancanza di chiarezza.
    E.A.Po dice giusto quanto alla strada che ancora c'è da fare perché il mondo dell'arte sia conosciuto da tutti (e non so se sia il suo vero scopo). Vanessa Beecroft e altri hanno il merito di tentare questa strada, facendo anche parlare di sé: bisogna appunto vedere che tipo di "arte" conduce, qual è quella che passerà e quella che verrà soffocata, annullata: in questo senso parlavo di globalizzazione dell'arte. E' una mia piccola paura.

  • non per volerne alla Beecroft ma amo molto di piu l'arte artificiale,naturale dei cracking artisti .

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