Categorie: Giro del mondo

Le artiste afroamericane | e la forza dell’astrazione

di - 25 Agosto 2017

Il 15 gennaio 1951 la rivista Life pubblicò una foto destinata a divenire un simbolo del cambiamento in corso nei movimenti artistici dell’America di allora: 17 artisti maschi, vestiti come bancari, erano ritratti in un gruppo nel quale sovrastava un’unica donna. Loro erano gli esponenti della “Scuola di New York”, lei era Hedda Sterne, destinata a diventare famosissima, una delle più grandi pittrici dell’espressionismo astratto. Nonostante i 17 – gli “irascibili”, come vennero definiti nell’articolo – protestassero contro l’impostazione troppo conservatrice del Metropolitan di New York, tuttavia non esitarono a manifestare malumori per l’inclusione di una donna nella foto di gruppo, scattata dalla fotografa Nina Leen.

Per molti anni dopo di allora l’espressionismo astratto continuò a essere considerato una corrente maschile e, per di più, un affare per bianchi. Perfino il Black Arts Mouvement, costituitosi nel 1965, se ne tenne lontano, impegnato a contrastare tutto ciò che fosse riconducibile all’estetica dei bianchi.

È questo background di esclusione, protrattasi per decenni – sorprendentemente? – anche nell’ambiente artistico, che segna la straordinarietà di Magnetic Fields: Expanding American Abstraction, 1960 to Today, la mostra in corso a Kansas City, al Kemper Museum, fino al prossimo 17 settembre. Per la prima volta un’esposizione è dedicata unicamente a raccontare il dialogo nell’astrattismo tra artiste, donne e di colore. Un evento che svela un territorio dalla potenza artistica poco conosciuta nella sua identità e coerenza, segnato dalla fatica a emergere in un ambiente fortemente maschilista, dalla difficoltà ad accedere alle istituzioni artistiche, dalla lotta quotidiana con i doveri verso le famiglie, attraverso tante occupazioni per raggranellare salari magri.

Le opere (pitture, sculture, stampe e disegni), alcune esposte per la prima volta, mostrano il difficile percorso di 21 artiste che, nonostante il proprio genere e i venti razzisti che non hanno mai smesso di soffiare, sono riuscite a fare arte, rientrando di fatto in una corrente che non le includeva. Nelle opere ci sono il segno dell’esclusione, ma anche la forza e la tenacia di queste donne. Per comprendere il clima basti ricordare che, solo nel 1972, il Whitney Museum of American Art di New York ha ospitato la prima personale di una donna nera, allora già ottantenne, Alma Thomas, i cui lavori sono oggi nella mostra di Kansas City.

E in tempi così complicati che, per molti aspetti mai superati, sembrano mandare indietro il corso della storia, Magnetic Fields espande non solo l’astrazione, ma anche la forza universale della libertà della creazione artistica, di ogni genere.

Dopo il Missouri, la mostra approderà a Washington, dal 13 ottobre fino al 21 gennaio 2018. (Anna Gorini)

Artiste in esposizione: Candida Alvarez (1955), Betty Blayton (1937-2016), Chakaia Booker (1953), Lilian Thomas Burwell (1927), Nanette Carter (1954), Barbara Chase-Riboud (1939), Deborah Dancy (1949), Abigail DeVille (1981), Maren Hassinger (1947), Jennie C. Jones (1968), Evangeline “EJ” Montgomery (1930), Mary Lovelace O’Neal (1942), Howardena Pindell (1943), Mavis Pusey (1928), Shinique Smith (1971), Gilda Snowden (1954-2014), Sylvia Snowden (1942), Kianja Strobert (1980), Alma Thomas (1891-1978), Mildred Thompson (1936-2003), Brenna Youngblood (1979).

Fonte:

hyperallergic.com

www.kemperart.org

nmwa.org

In homepage: Mildred Thompson, “Magnetic Fields”, 1991. (Courtesy and copyright of the Mildred Thompson Estate, Atlanta, GA)

In alto: Mary Lovelace O’Neal, “Racism is Like Rain, Either It’s Raining or It’s Gathering Somewhere”, 1993. (Foto courtesy of the Mott-Warsh Collection, Flint MI. © Mary Lovelace O’Neal)

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