Categorie: Libri ed editoria

READING ROOM

di - 19 Novembre 2018
La mostra “Dieter Roth. Le pagine”, organizzata durante la seconda edizione di FLAT a Torino, è stata un’occasione più unica che rara per entrare nell’universo tutto calligrafico di un grande artista. Ne abbiamo parlato con Elena Volpato, storica dell’arte, conservatore e curatore della GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, dopo la mostra.
Partiamo con una domanda molto semplice: chi è Dieter Roth e perché approfondire la sua ricerca artistica?
«Il suo nome coincide con la storia del libro d’artista dagli anni Cinquanta ad oggi. È stato uno dei protagonisti delle arti visive del secondo Novecento. Il suo lavoro, per la freschezza, l’urgenza e l’autenticità, continua a essere guardato dai più giovani. La sconfinata quantità di libri che ha prodotto (circa 230)  e l’inesauribile inventiva con cui ha riformulato il libro come spazio di pensiero, riflessione e poesia ha fatto sì che FLAT decidesse di celebrare i venti anni dalla sua scomparsa con una mostra e un’importante pubblicazione che contiene l’intera sua opera su pagina».
Dieter Roth, Diary – Diario, 1967 photo: Michael Pfisterer © Dieter Roth Estate Courtesy Hauser & Wirth
In quale altre occasioni è stato presentato il suo corpus di lavori (73 libri, 42 Copy Books e 46 diari scritti a mano) ?
«Diari manoscritti e libri non sono mai stati presentati insieme prima, solo separatamente, ma per me era fondamentale mostrare come i suoi appunti, i suoi pensieri e i suoi disegni quotidiani, confluissero con continuità e naturalezza nei suoi libri d’artista e come la realizzazione dei libri “rimettesse in circolo” il suo pensiero, riattivando idee, immagini e riflessioni che trovavano nuovamente spazio sulle pagine dei diari, e così via, in un continuo lavorio di scrittura e disegno che per Roth fu un modus viventi, un atteggiamento connaturato col suo stare al mondo».
Serialità nei disegni di Roth e serialità nella musica d’avanguardia del suo tempo: un paragone azzardato?
«Tutt’altro che azzardato. Roth compose musica, inizialmente con uno spirito affine ai modi del movimento Fluxus, ma presto se ne distaccò. Come nei suoi libri, anche nella musica la sua attenzione era volta all’inclusione dell’intero mondo, di tutti i suoni, quotidiani e non, che il registratore poteva accogliere. Sì la variazione musicale è qualcosa che può essere paragonato alla continua rielaborazione che Roth compie sul suo lavoro, come se il suo creare fosse un continuo flusso di coscienza che si avvita su se stesso e poi torna a dipanarsi con nuove immagini, nuovi inserimenti. Per lui la copia e la variazione erano un modo per perdersi nella molteplicità del suo stesso io».
Dieter Roth, Diary – Diario, 1975 photo: Michael Pfisterer © Dieter Roth Estate Courtesy Hauser & Wirth
Se dovessi associare il lavoro di Dieter Roth a tre artisti che nel passato hanno avuto un rapporto con il disegno così quotidiano ed esclusivo, a chi penseresti?
«Paul Klee prima di tutti, perché a lungo in gioventù Roth fu quasi ossessionato dal suo lavoro, lo studiò molto. Alighiero Boetti, suo contemporaneo, non perché credo si conoscessero direttamente, ma perché entrambi elaborarono un modo ambidestro di disegnare dove, tra una mano e l’altra, ritraevano l’intero mondo. Come terzo indicherei un disegnatore tardo barocco, forse Gambattista Tiepolo, che nella Germania di Roth lavorò e che era capace di trasferire sulla carta il moto vivace della vita, la vorticosa rapina di nubi, manti, angeli e personaggi, così come Roth, in pochissimi minuti, componeva disegni di figure in rotazione su sé stesse, sempre sovrabbondanti nella loro fisicità ma sempre leggere, animate da una continua danza».
Dopo Flat quale sarà la prossima tappa dei suoi disegni ora finalmente raccolti?
«Non so, ma spero si possano rivedere presto e che il pubblico possa scoprirne altre pagine, altri dettagli. Nel libro Dieter Roth. Pages edito da FLAT e distribuito da Corraini, nel quale tutte le sue 230 pubblicazioni e tutti i suoi diari sono raccolti, abbiamo cercato di riprodurne e mostrarne il più possibile perché fossero sempre a disposizione di studiosi e artisti».
Eleonora Minna

In alto: Dieter Roth, Diary – Diario, 1967 photo: Michael Pfisterer © Dieter Roth Estate Courtesy Hauser & Wirth

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