L’idea muove dal concetto che dopo la seconda guerra mondiale l’arte dell’Est dell’Europa è stata sempre considerata legata all’estetica ufficiale del realismo sociale. Dopo la caduta del muro di Berlino si è sviluppato un forte interesse, a livello internazionale, intorno all’arte dell’Est al punto che, in tempi recenti, si è proceduto alla scoperta delle correnti avverse al regime di più marcata impostazione concettualista che hanno costretto a rileggere la storia artistica dei paesi ex comunisti in una chiave più articolata e complessa. La mostra è allestita all’interno di un complesso militare abbandonato già sede delle truppe jugoslave. Una novantina di artisti sono rappresentati nelle sale in disuso e fatiscenti sottoposte ad una sorta di pena per contrappasso dalle opere che spesso narrano la storia dolorosa dei paesi della ex Jugoslavia. Non mancano i nomi famosi, da Marina Abramovic a Joseph Beuys, da Kazimir Malevich a Anish Kapoor a rappresentare la ricca collezione del museo sloveno.
Il curatore della mostra Zdenka Badovinac, con i suoi collaboratori, è riuscito in modo geniale a sintetizzare un percorso artistico che, negli ultimi quarant’anni, si è inevitabilmente incrociato con la storia dei regimi sovietici, dall’epoca della guerra fredda fino alla decadenza e alla disgregazione tuttora in corso. Attraversando le stanze del vecchio impianto il visitatore incappa (è il caso di dire) nelle opere (installazioni, video e foto) che sembrano uscite dalle mura scrostate e maleodoranti di muffe e macchie d’umidità. Geniale, appunto, è stata l’idea di edificare una sorta di mausoleo della memoria senza violentare l’ambiente ma anzi adeguando il progetto espositivo e le installazioni al preesistente, attuandone, di fatto, la catarsi. Le opere, uscite dal museo, sembrano così tornate al loro ambiente naturale; scopriamo infatti che come una pala d’altare si esalta nelle navate delle chiese, così molta dell’arte contemporanea del ‘900 può essere sublimata, togliendola dagli spazi asettici dei musei e collocandola, seppur per poco, entro ambienti che conservano intatta la memoria di accadimenti della storia che hanno innescato, nella mente dell’artista, la volontà creatrice.
Un’iniziativa che merita proselitismo, se non altro per i costi di attuazione del progetto che, com’è intuibile, devono esser stati vicino allo zero.
Alfredo Sigolo
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