La prima mostra dedicata all’artista arceviese Ercole Ramazzani (1535 ca-1598). Ha permesso non solo di omaggiare la città, ma anche di conoscere più a fondo un personaggio ancora poco noto, che in realtà ha acquistato una propria dignità nel panorama della pittura nelle Marche.
La sua produzione è ricca di rimandi ed influenze, a cominciare dal Lotto, al cui seguito fu nei primi anni ’50 (più come garzone che come allievo), per poi passare a Pellegrino Ribaldi, Siciolante da Sermoneta, Livio Agresti, Marcello Venusti, Simone de Magistris , tutti
Le opere del Ramazzani, forse non troppo apprezzate dalla critica per la qualità pittorica, lo sono, però, per quell’estro e quell’attenzione ai particolari che fanno di lui un pittore molto interessante . La scelta di soggetti poco noti e la realizzazione di corpi scolpiti, panneggi ariosi dai colori vivacissimi e dettagli di sfondo assai curati, sono le caratteristiche della sua produzione. Produzione che è sintesi di una lunga meditazione sulle esperienze dei suoi contemporanei maggiori e che si traduce in quella estrosa combinazione di arte intellettuale, manieristica e arte popolare, a cui le esigenze di committenza e i precetti controriformistici non potevano non indirizzarlo.
Insomma è una maniera del tutto personale di interpretare la crisi dell‘epoca: la sua riflessione e il suo profondo sentimento religioso convivono comunque con la sua libertà d’invenzione.
La mostra è stata ideata in maniera coinvolgente: circa una trentina di opere sono esposte nella chiesa di San Francesco, mentre il resto della produzione del Ramazzani si può ammirare nelle altre chiese arceviesi e del circondario, a cominciare dalla vicina San Medardo, dove l’originaria collocazione delle pale rende più suggestiva e comprensibile la sua pittura. Il percorso espositivo all’interno di San Francesco è inoltre articolato in tre sezioni tematiche che permettono al visitatore di individuare e ricostruire le tappe fondamentali della sua evoluzione artistica, dagli anni della formazione, ai rapporti con i pittori romani e a quelli con le committenze marchigiane; non mancano, a questo proposito, alcuni esempi degli artisti coevi operanti nello stesso territorio, che ci rimandano a quelli che furono i suoi modelli iconografici di riferimento.
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