Gli studiosi statunitensi Paul R. Milgrom e Robert B. Wilson hanno vinto il Premio Nobel per l’Economia del 2020. Il merito? «Il miglioramento della teoria delle aste» e l’invenzione di nuovi format a vantaggio di venditori, acquirenti e contribuenti in tutto il mondo. Aste intese, ovviamente, non solo come vendite di quadri e beni di lusso, ma anche come strumenti per regolare le pubblicità sui social, le frequenze radiofoniche, i diritti d’estrazione dei lotti petroliferi; e persino il Fantacalcio, un contesto informale ma particolarmente sentito, soprattutto in questi giorni.
Ci sono gli incanti basati sul metodo inglese, quelli dei grandi players internazionali – come Christie’s e Sotheby’s, per intenderci – che partono da una base d’asta e poi crescono fino a raggiungere cifre inaspettate; c’è il metodo olandese, con prezzi iniziali molto alti che scendono pian piano; e ancora le all pay auction, in cui le offerte vengono fatte a busta chiusa e vince chi ha indicato la cifra maggiore. Quello che è certo, in tutti i casi, è che il fenomeno delle aste sia regolato da strategie ben precise, da dinamiche tutt’altro che banali che portano ai grandi spettacoli a cui siamo straordinariamente abituati.
E così Robert Wilson (Geneva, 1937) ha incentrato i suoi studi sulle aste di oggetti d’offerta con un valore comune, vale a dire con caratteristiche conosciute, intrinseche: le radiofrequenze, gli immobili, la capienza di un giacimento di gas, il volume dei minerali in una determinata area, solo per citare alcuni esempi. Proprio in merito a questi beni “comuni”, sempre uguali, Wilson ha teorizzato la cosiddetta maledizione del vincitore, secondo cui gli acquirenti tendono a fare offerte al di sotto della stima, preoccupandosi di pagare troppo e di perdere, arrivando, per questo, a sottovalutare il bene in asta; al tempo stesso, per spiazzare la concorrenza, gli stessi acquirenti possono rischiare di fare offerte che sforano – e di troppo – il valore effettivo dell’opera in questione, andando poi a congestionare il sistema dei rilanci, assai spropositati rispetto alle aspettative.
«Sveglia amico, il comitato del Premio Nobel ti cerca, abbiamo vinto il Nobel per l’Economia». È proprio Wilson ad avvertire Paul Milgrom (Detroit, 1948), suo allievo (e vicino di casa), con cui si è ritrovato a condividere il prestigioso titolo. Esperto della “game theory”, Wilson si è soffermato sui cosiddetti valori privati delle aste, quelli che variano da offerente a offerente, determinando l’incertezza dei risultati finali.
Tra le più importanti collaborazioni dei due economisti vincitori del Nobel ricordiamo quella del 1994, quando Wilson e Milgrom crearono insieme un nuovo sistema chiamato asta simultanea a round multipli (Smra): un metodo che fruttò circa 7 miliardi di dollari alle casse americane e determinò il successo straordinario delle teorie dei due studiosi. «Wilson e Milgrom, i Laureati in Scienze Economiche di quest’anno», conclude Peter Fredriksson, Presidente del Comitato del Premio Nobel, «hanno iniziato con la teoria e successivamente hanno utilizzato i loro risultati in applicazioni pratiche, che si sono diffuse a livello globale. Le loro scoperte sono di grande utilità per la società intera».
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