Nelle due settimane antecedenti all’inaugurazione della sua personale, Federico Pietrella lavora ad una sorta di riconfigurazione dello spazio vuoto della galleria attraverso un progressivo confronto con le pareti. Superfici immobili diventano così piani costellati di chiodi; inevitabile l’effetto ottico di movimento apparente prodotto dall’insieme. Con questa prima metamorfosi il giovane artista sottolinea l’aspetto concettuale del suo lavoro. Il muro, luogo solitamente preposto ad una divisione in spazi geometrici, fondo per una visione frontale e statica delle opere, diventa ora
A questo intervento se ne affianca un secondo, espressione diretta della tecnica, infatti, Pietrella compone una figura a grandezza quasi reale che lo ritrae in posa stanca. Il risultato finale è quindi funzionale ad una rappresentazione di tipo figurativo, l’autoritratto dell’artista. Il procedimento segue queste fasi: un punto di partenza fotografico, un disegno e quindi una serie di sovraimpressionamenti prodotti con la marchiatura del datario: oggetto semplice, di uso comune, che porta i segni grafici del fluire delle cose. Ogni singolo gesto diventa così documentazione di un atto compiuto, come la foto lo è del soggetto che è ritratto. L’intento artistico è quello di documentare le fasi impiegate per realizzare i lavori; ogni parte dell’opera porta infatti impressa una data diversa, anche se il risultato finale
A questa messa in scena dell’intimità personale contribuisce non poco il contesto avvolgente dato dal bianco delle mura. Il contorno produce un apparente stato di sospensione della figura, che risulta vuota, isolata, raccolta nei propri pensieri. L’effetto generale potrebbe somigliare ad uno schermo in cui la proiezione è sostituita dalla grafica
Nella saletta studio di Enzo Cannaviello, Pietrella espone i percorsi preparatori, le bozze a matita. Il loro carattere preliminare ne fa utili punti di partenza per intraprendere un confronto con i risultati effettivi di un percorso visivo che, metaforicamente, buca chi guarda.
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sinceramente tutto questo sforzo concettuale fa un buco nel vuoto, anzi ha bucato solo le povere pareti dello spazio.
L'impressione vera di questo lavoro non si può non associarla ad un enfatico giro intorno ad una tecnica (quella di disegnare timbrando)che non va oltre la sovrapposizione del colpi ad inchiosto.
Ora, il timbro non è affatto uno strumento quotidiano (Chi ha timbri in casa?) e il realizzare immagini con esso sembra solo un espediente che non convince...
evidente che non se ne poteva fare a meno, grazie
dichiarazione dell'artista
Ultimamente avverto un cambiamento importante e positivo per lo sviluppo del mio lavoro: realizzo le immagini direttamente sulle pareti dei luoghi espositivi. Lavoro all’interno di un ambiente nel quale devo vivere necessariamente per un breve periodo, marcandolo; inoltre mi ritrovo a dedicare molto tempo a qualcosa che verrà distrutto, cancellato alla fine dell’esposizione.
Sapevo che saresti andato lontano ;)