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Fino al 20.I.2002 | Intrinsecus/Extrinsecus | Milano, Studio Casoli

di - 21 Dicembre 2001

La dialettica del titolo è sviluppata a volte nell’opera di uno stesso artista, a volte tra opere differenti. È facilmente applicabile se si considera un oggetto culturale come denotato nella sua collocazione fisica, ma connotato del senso che l’artista ha progettato per esso.
Allora alla storia biologica dell’oggetto nella sua sostanza, si unisce la pratica artistica, essenzialmente formale, e la storia intima dell’artista.
I sei protagonisti presenti in galleria sono tutti giovani provenienti da paesi diversi, che lavorano con mezzi diversi. L’allestimento ha un percorso ideale da seguire: si comincia con l’egiziano Moataz Nasr, che colleziona pezzi di legno raccolti per le strade del Cairo e ne fa una tettoia da cui filtra una luce calda e liquida. La divisione tra interno ed esterno può sembrare prettamente fisica, ma la luce ha un senso metafisico, dato che interno ed esterno si invertono: la stanza dove è collocata l’opera è esterna alla galleria e la luce sembra provenire da un interno; così il termine illuminazione assume il suo significato meno concreto.
Nella prima stanza si trova un’installazione squisitamente ambientale dell’austriaco Hans Schabus. Un paesaggio agreste fuoriesce da una cassa da imballaggio: alcune balle di fieno e uno spaventapasseri, in atteggiamento riflessivo circondato da corvi incuranti. Lo spaventapasseri rappresenta the true artists, cioè, secondo Schabus, il distacco dall’utilità, per passare dall’oggetto all’opera, l’autoriflessività. Un progetto esposto, mostra quanto sia stato difficile collocare la cassa all’interno della stanza; quindi la prassi artistica si fonda su di un’oculata ricontestualizzazione che forza l’ambiente esterno.
Roberta Silva, venezuelana, compie il gesto più forte, trasformando lo spettatore in attore. Una corda ci divide dalla seconda stanza, ma è elettrificata e crea fisicamente un cortocircuito tra oggetto esterno, come minaccia, e soggettività.
Letizia Carriello preferisce oggetti più intimi, legati alla memoria, come in Parabole, o alla sfera privata, come il bidet di Due minuti. Le teche di vetro strappano, ancora una volta, gli oggetti dal quotidiano: essi superano la loro collocazione spazio-temporale originaria, assumendo ieraticità.
In soffitta c’è l’opera del tedesco Bernhard Karmhann, una particolarissima videoinstallazione che unisce la serialità della narrazione filmica, al momento estatico della fotografia: non usa proiettori video ma diapositive, la fissità dell’immagine la libera dalla catena casuale. Essa rappresenta il volto in un video e l’interno di un appartamento illuminato in un altro.
Barthélemy Toguo, camerunense, chiude l’esposizione, con un’opera quasi etnografica. Con il legno costruisce timbri e aeroplani, a simbolo della realtà comune a molti suoi compatrioti, ma la grettezza dei materiali e della costruzione li rende simili a sogni ingenui. Alla fine le dimensioni su cui si applica la dialettica portante sono più d’una: il pregio sta nell’aver raccolto opere che le evocano tutte con estrema efficacia.

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Niccolò Manzolini



“Intrinsecus/Extrinsecus”
Dal 18.X.2001 al 20.I.2002
Studio Casoli, Corso Monforte 23, Milano
tel. e fax: 02/795251-76023238; e-mail: studiocasoli@planet.it
Ingresso libero.
Orari: dalle 11.30 alle 19.30. Chiuso lunedì e domenica; catalogo a cura di Antonella Trotta e Ilaria Bonacossa.


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