Questa mostra di “forme perdute”, in cui si gioca su un autentico dialogo con le stanze, le dimensioni e le sollecitazioni offerte dagli ambienti della galleria, è anche l’occasione per una riflessione critica corposa e per un aggiornamento dei suoi regesti espositivi e bibliografici, come si evince dal saggio della curatrice della mostra, Francesca Pola, e dagli apparati editi sul catalogo. In merito a questa nuova mostra del maestro italiano – nato, lo ricordiamo, nel 1937 a Volterra – nel saggio pubblicato per l’occasione, si legge che «come sempre nell’operare di Staccioli, il significato di ciascun intervento è inscindibile dagli altri, e l’intera mostra è da considerarsi una lettura plastica dello spazio della galleria, che si mette in relazione sia con la sua morfologia architettonica e funzionale, sia con la stratificazione di transiti ed esperienze visivo-spaziali che vi si sono accumulate». Al contempo emerge un’analisi su quella impalpabile «dematerializzazione della presenza plastica di Staccioli, il “perder peso” delle sue forme che non fa che confermare l’alterità e la specificità della sua identità creativa rispetto ad altre esperienze, coeve alla genesi del suo linguaggio, che sono talvolta state menzionate in relazione alla sua poetica». Appaiono difatti leggeri – senza perdere al contempo quel senso di immobilità che dona un ulteriore afflato atemporale all’intero ambiente – nella loro consistenza plastica, i covoni che sono stati allestiti nel piano terra e nel piano interrato, dove tra l’altro si dispiega un arco in ferro che attecchisce leggero come un ramo da una parete dell’ingresso sul piano stradale. Un arco simile lo ritroviamo nell’ultimo ambiente del percorso della mostra, lo spazio più intimo e ridotto della galleria. Si conclude così – realmente e idealmente – il dialogo muto e morbido di Staccioli con gli spazi di via Domenico Scarlatti, rammentando – se mai ce ne fosse bisogno – il rigore formale e la pulizia del segno plastico cari al maestro, come si è visto anche di recente, sempre a Milano, in quel di Villa Clerici. Lì rivisità l’uscio di una porta con un intervento documentato nello stesso catalogo di A arte Studio Invernizzi, che difatti oltre ai contributi già citati propone anche un’attenta selezione di “scultura intervento” (così battezzati dallo stesso artista, in anni lontani da quel site-specific di cui sopra) alla Rotonda della Besana (1987), all’Hayward Gallery di Londra (1982), a Volterra (2009) o, più di recente, al Museo d’arte contemporanea all’aperto di Morterone (2010).
Lorenzo Madaro
Dal 25 settembre al 21 novembre 2012
Mauro Staccioli. Forme perdute
a cura di Francesca Pola
A arte Studio Invernizzi
Via Domenico Scarlatti 12 – (20124) Milano
Info: 02 29402855, info@aarteinvernizzi.it
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