In una galleria si va per conoscere o riscoprire un’artista, alcune opere si contemplano e sollecitano domande, altre si esprimono con gesti, parole, relazioni, azioni performative efficaci solo nell’attimo in cui si compiono. Da vedere più che da raccontare è Aki Sasamoto (Yokohama, 1980), che dopo la Biennale del Whitney e il Moma Ps1 di New York è sbarcata a Milano per la prima volta, da Jerome Zodo, dove ha ripresentato l’installazione performativa Secrets of My Mother’s Child del 2009. Nella versione italiana questa perfomance si è arricchita di vignette e nuovi elementi scenici. Il tema proposto è familiare a tutte le ex adolescenti: il conflitto tra madre e figlia e l’impossibilità di capire le dinamiche e le contraddizioni dei rapporti tra noi e gli altri. In mostra restano le foto che documentano le sue perfomance. Tra queste, seduce per eleganza formale Cooking show, del 2008, che rappresenta un affilato coltello, brandito dall’artista mentre squarta una patata. Incuriosiscono le foto che la ritraggono come un abile contorsionista mentre si infila in una cassettiera vintage o mentre affetta un pompelmo con zoccoli trasformati in coltelli. Più enigmatiche sono le sue mappe psicoanalitiche (come Strange Attractors Diagram del 2010) di relazioni impossibili tra norma e regolarità, ragione e sentimento, tra realtà e inconscio.
Altri disegni dal tratto infantile sono stati eseguiti in diretta durante la sua performance del 4 aprile, quando è salita sopra un tavolo ed ha tagliato pompelmi con zoccoli con lama incorporata, dando senso e vita al suo proteiforme lavoro d’azione sintetizzato con l’installazione-assemblaggio “post-poverista” (ancora in mostra) composta da diversi oggetti e reperti della quotidianità legati indissolubilmente a gesti, movenze, dialoghi e scrittura. Da una parte all’altra della galleria l’artista ha tirato dei fili, alterando la percezione dello spazio, e facendo assumere una pregnanza pittorica ai calzini stesi, la cassettiera, lo scrittoio, le mollette e le scarpe con lunghi lacci, che intrecciano relazioni tra l’io soggettivo e il mondo. In mostra anche un video che è il documento di questa perfomance scandita da movenze propedeutiche, gesti, discorsi recitati e interrogativi irrisolti sulla complessità dei rapporti umani.
Sasamoto, dunque, ha ereditato gli elementi della teatralizzazione del gesto giapponese ed ha rivisitato il Mitate, l’arte della citazione che vede nella disposizione di oggetti una concretizzazione materiale di immagini popolari e mitologiche. Senza dimenticare il gruppo dei Gutai degli anni Cinquanta: i primi artisti performativi a trasformare il gesto in azione pittorica.
jacqueline ceresoli
mostra visitata il 4 aprile 2012
dal 4 aprile al 12 maggio 2012
Aki Sasamoto – Secrets of My Mother’s Child