Armando Testa (Torino, 1917-1992)
si è sempre definito “moderno”, termine che per lui significa innovazione,
invenzione, novità. Diceva: “La massima aspirazione di un creativo è
raggiungere a 60 anni la libertà creativa che aveva a 6 anni”.
Questo straordinario
interprete – che ha cambiato nei decenni il volto della pubblicità
cartellonistica prima e poi, nell’era televisiva, di quella dell’immagine in
movimento – è stato un genio brillante che la stimolante mostra retrospettiva
al Pac restituisce con garbo, stile e un sapore che ricorda il passato, ma che
tuttora spinge progressivamente verso il futuro.
Partendo dai manifesti
per Borsalino, Punt e Mes, Digestivo Antonetto, Caffé Paulista, San Pellegrino, Sasso e Nastro Azzurro, si passa al magnifico
ippopotamo azzurro Pippo del 1966,
progresso” in bianco e nero che raccontano un’altra Italia, quella degli
indigenti, e il mondo distante dei bambini dell’Africa affamata.
Cittadino del mondo,
Testa ha praticato varie discipline senza speculare mai sull’immagine
rappresentata, che fosse la croce alla quale si è tanto dedicato, soprattutto
nella parte finale della sua vita, o le dita delle mani, con le quali giocava a
comporre “ipotesi” di quadrato, di cerchio o di forme complesse: “Il dito è
un protagonista nella vita dell’uomo e possiede una bellezza formale
decisamente superiore all’orecchio e in diretta competizione con l’occhio”.
Quello esposto al Pac
vuol essere un excursus sull’Armando Testa designer, che ha prodotto ironici e
seduttivi complementi d’arredo e che è sempre andato in direzione della
contaminazione. Diceva Testa a proposito del cibo: “Nel mio mestiere devo
esaltare quotidianamente il cibo tra posate preziose, bocche avide, piatti
scintillanti, ma a volte provo il desiderio di mollare tutto, stringere la mano
al kitsch e interpretare spaghetti, frutta, prosciutto e uova in liberi e
voluttuosi accostamenti e fare dell’arte visiva in cucina”. Allora ecco nascere
la poltrona di prosciutto, il limone al posto della lampadina, la busta di
mortadella od olive, asparagi e noci che si fanno animali.
Inoltre, al Pac si
scopre una volta di più uno scultore che ha dato vita alle sfere di Punt e
Mes,
realizzate come bassorilievi, fino ai divertenti Carmencita e Caballero della Lavazza, che
nel tempo sono stati compagni di risate durante il mitico Carosello, appuntamento serale
imperdibile per gli italiani degli anni ‘60 e ‘70.
Altro aspetto messo in
evidenza dalla mostra? Il Testa disegnatore e pittore. Testimonianza ne sono i
pastelli e gli acquerelli di piccolo formato che fanno da preambolo al segno
“reinventato” della croce, la quale mantiene il sottofondo “metafisico” che ha
sempre caratterizzato tutti i codici linguistici e stilistici dell’artista torinese:
“Sono sempre stato affascinato dalla croce, uno dei segni più elementari
creati dall’uomo. La forza, l’essenzialità della sua forma e la storia che
narra nella tradizione religiosa ne fanno l’emblema più significante del mondo”.
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Personale
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martina cavallarin
mostra visitata il 12
aprile 2010
dal 12 aprile al 13
giugno 2010
Armando
Testa – Il design delle idee
a cura di Gemma De
Angelis Testa e Giorgio Verzotti
PAC – Padiglione
d’Arte Contemporanea
Via Palestro, 14 (zona Porta Venezia) – 20121 Milano
Orario: lunedì 14.30-19.30; da martedì a domenica ore 9.30-19.30; giovedì fino
alle ore 22.30
Ingresso: intero € 5; ridotto € 3
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. +39 0276020400; www.comune.milano.it/pac
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