Siamo già stati abituati. Siamo stati, forse, educati da quasi due anni ad avvicinarci con curiosità e con una certa dose di sospetto alle scelte formali e agli effetti creativi rilasciati nelle prossimità di Corso Lodi dalle culture urbane parallele di tutti gli artisti che si sono esibiti negli spazi della giovane Avantgarden Gallery. Anche questa volta ben pochi estimatori e assidui osservatori degli eventi in programma, ne siamo certi, saranno stati così distratti dal perdersi questa mostra. Una curiosa doppia personale che ha l’energia giusta per permettersi di strizzare l’occhio a qualsiasi avventore di turno.
Anche se la buona e vecchia regola sostiene da sempre il motto
you can fool me only once, questa volta di farsi “fregare” per ben due volte lo si fa volentieri. Dunque, in qualità di mogi
incameratori d’arte, non resta che farsi prendere per il naso da sospensioni grafiche, virate improvvise di materie e giochi di riflessi morbidi, densi come il colore.
Trick me twice riecheggerà così, non solo come il titolo di questa mostra, strutturata su lavori di piccole proporzioni, ma anche come un invito scherzoso, un jingle che con tutta baldanza presenta i due artisti in mostra. A partire da tele, collage, impalcature, combinazioni e disordini estetici,
2501 (Milano, 1977) e
Highraff (San Paolo del Brasile, 1978) lanciano il loro slogan (
Trick me twice) a chiunque voglia vedere, in una galleria privata, come il cosiddetto sommovimento underground lavori in crew.
I due artisti sono un doppio e come tale, tra asimmetrie e ossimori, si sono imposti di dividere gli spazi espositivi. Da un lato delle brevi sale, i muri di Avantgarden Gallery espongono una quindicina di lavori tra pitture su tela e installazioni figurative murarie, permettendo a chiunque un’osservazione e una lettura dei manufatti secondo il registro scopico inscrivibile nella “normalità ” del contemporaneo. In un secondo tempo, invece, è stato creato un nuovo spazio, una sezione esterna di trecento metri quadri che, come continuazione fisica e concettuale dell’insieme architettonico nel quale è inserita la galleria, custodisce le installazioni tridimensionali e interattive. Grandi e piccoli incastri mimetici, frutto del lavoro assiduo e continuativo di entrambi gli artisti che hanno così dato vita, con le loro quattro mani, a un mondo di
docili mostri (da notare le sculture in mdf che assomigliano a draghi cinesi o le sfingi assemblate con legno di cassette).
In questo stesso hangar, i suoni e i filmati curati dal collettivo
Recipient ricreano quel materasso di piume ideale sul quale le stimolazioni di 2501 e Highraff ricadono senza frantumarsi, ma rimanendo leggere. Tanto le sovrapposizioni affastellate dell’uno quanto le onde etniche del secondo verranno conservate, creando un legame che l’occhio, nel giro di una breve visita, non tarderà a ricompensare. In termini di continua curiosità .