La giovane galleria milanese, che compie un anno tondo tondo, ci mette anche il carico di briscola: un catalogo che è quasi un diario d’artista. Tra immagini dei lavori in mostra anche alcune sue corrispondenze significative e illuminanti, per capirne la poetica. Il tutto condito da un testo nuovo nuovo, di grande pregnanza concettuale, firmato da Dan Cameron (oggi senior curator al New Museum di Chelsea, a New York), che volle la Esposito nella sua Biennale di Istanbul nel 2003.
Insomma un’occasione rara e forse irripetibile. Tutto ruota intorno alla ricerca dell’artista romana, durata anni, intorno ad un preciso elemento architettonico urbano: il cesso. Già protagonista di molte opere d’arte contemporanea. D’altro canto da Duchamp a Monica Bonvicini, da Dan Graham ad Alvise Bittente, nella mente i nomi si affollano. Per la Esposito il bagno pubblico, nel corso degli anni, ha progressivamente assunto una funzione catartica, la via simbolica per una ritrovata armonia tra l’uomo e il ciclo naturale della vita.
Cameron annota che il processo di autodeterminazione dell’uomo rispetto all’ordine naturale induce a forme di rimozione dei suoi stessi limiti, che sono di ostacolo nel sistema omocentrico. Il disgusto e la repulsione che il genere umano sviluppa dopo l’età infantile verso i propri sottoprodotti organici e le fisiologiche funzioni corporali, rispetto alle quali non può esercitare alcun controllo, hanno a che fare con la paura di sottomissione ed impotenza rispetto alle leggi della natura. Così nella ricerca dell’artista sono in causa problemi connessi allo sviluppo delle società postindustriali, come quelli di natura ecologica, di tutela dell’ambiente, ma an
Sopra e sotto, la Esposito opera nel rispetto del contesto urbano e culturale delle città e propone soluzioni non invasive per armonizzare tessuto superficiale e sottostante, alimentando la rigenerazione vegetale e il riciclo delle scorie, in un’ottica processuale che alimenta la vita. Lo fa all’insegna di una poetica profonda e sofferta, qui evidente nelle annotazioni ed appunti, nelle forme dettagliate, armoniche ed evocative, che a volo d’uccello assumono la veste di delicati mandala.
Può darsi che le più recenti linee di ricerca vadano in direzioni diverse rispetto a quelle che hanno permesso alla Esposito di suscitare l’interesse internazionale a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Ma la sua rimane un’indagine di carattere universale, e le sue problematiche sono valide oggi come allora. In mostra anche un’installazione: un acquario abitato da pesci tropicali, che si muovono a loro agio negli anfratti della turca da cui la mostra prende il nome.
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L.S.