Sempre più spesso nell’arte contemporanea notiamo come gli artisti costruiscano le loro opere partendo dalla rilettura di personaggi storici e icone del passato. O del presente. È questo il caso dell’artista tedesco
Matthias Bitzer (Stuttgart, 1975; vive a Karlsruhe), che per la sua prima personale in una galleria italiana presenta l’ultima fase di un “trittico” che nasce proprio dall’interesse per
Emmy Hennings, poetessa e performer che fu moglie del celebre dadaista
Hugo Ball e co-fondatrice del
Cabaret Voltaire di Zurigo, quell’incredibile spazio di sperimentazione che divenne fondamentale per le avanguardie del Novecento.
Il titolo della mostra,
Between two oceans, suggerisce il confronto immaginario tra Hennings e lo scrittore polacco
Joseph Conrad, famoso oltre che per i suoi scritti per la sua intensa esperienza umana di marinaio, viaggiatore e avventuriero. Entrambi gli autori sono stati incredibili creatori di storie e personaggi, capaci con la scrittura di dar vita a immagini che palesano al lettore le suggestioni della loro fantasia, anche quando questa scandaglia il lato tenebroso della mente umana.
Matthias Bitzer raccoglie tutte queste vibrazioni e spunti, letterari, umani, visivi, mixando e cristallizzando le caratteristiche e le prominenze di questi due “oceani”, restituendole in opere che, nel loro giustapporsi, compongono un ambiente unitario.
Comprendendo la diversità di forme e stili, quello stesso ambiente sembra suggerire la volontà e probabilmente l’impossibilità di scegliere un unico punto di vista per tratteggiare le figure dei due letterati e del loro (im)possibile incontro.
Pittura, metallo, tessuti, vetro, disegni murali, plastiche e superfici da dance-floor che, nella loro diversità linguistica, appaiono come riflessi di un ambiente unico. Questa instancabile sovrapposizione di stili si avverte anche nei dettagli delle singole opere, come nel caso del dipinto
Lifting the mask of a local Clown, il cui modello è una fotografia di Emmy Hennings, dove il volto della poetessa viene velata o mascherata da forme e fantasie vagamente optical che, sovrapposte al viso, suggeriscono ancora una volta l’attitudine della poetessa a indagare il concetto di identità e maschera.
Estetica del frammento, della citazione, dell’affastellamento che, se da un lato sembra talvolta compiacersi in una forma di nuovo decorativismo, dall’altro rappresenta una pratica artistica perfettamente presente.