Il codice e Leonardo; Leonardo e il codice. Ma dimenticate Dan Brown e il suo planetario e in parte sorprendente successo letterario. Viene anzi il sospetto che uno degli scopi dell’esposizione sia proprio quello di rendere giustizia al genio di Vinci liberando lui e le sue opere dalle improbabili fantasie letterarie di Brown.
Nella Sala delle Asse del Castello Sforzesco è presentato al pubblico il Codice Trivulziano di Leonardo da Vinci (Vinci 1452, Amboise 1519). Il visitatore è invitato ad arrivarci per gradi riscoprendo Leonardo, le sue opere, il soggiorno milanese che lo portò alla corte di Ludovico il Moro tra il 1482 e il 1499 e poi negli anni 1506-13. A tal fine lungo via Mercanti e via Dante sono stati disposti dei pannelli esplicativi ricchi di informazioni su Leonardo artista e scienziato che accompagnano i passanti fino a Piazza Castello.
La Sala delle Asse era la più indicata per ospitare il Codice: il soffitto, affrescato con un complicato intreccio di rami di gelso –purtroppo giunto in cattive condizioni- è opera di Leonardo stesso. Insieme al manoscritto leonardesco sono esposti codici miniati e libri a stampa della Milano sforzesca nel tentativo di “ricostruire nelle sue linee fondamentali la biblioteca di Leonardo”.
Il Codice Trivulziano, vera star dell’esposizione, è un libro di piccolo formato, cinquantacinque carte in tutto; una raccolta di fascicoli “che Leonardo utilizzò sciolti a fogli non ancora cuciti [….] almeno tra il 1487 e il 1490” (Piazza). Pagine riempite di disegni e riflessioni annotate alla mancina, cioè scrivendo con la mano sinistra e procedendo da destra verso sinistra, come Leonardo usava fare per gli appunti personali.
Una grafia che risulta quasi illeggibile per chi non vi sia abituato. L’aspetto attuale dei codici leonardeschi è il risultato di ricomposizioni successive alla morte dell’artista, spesso arbitrarie avvenute tra il XVI e il XIX secolo. Il Codice Trivulziano è un’interessante eccezione in quanto sembra essere il più vicino alla versione originaria.
Durante i due mesi dell’esposizione saranno visibili a rotazione le pagine più significative del manoscritto; le altre sono riprodotte e commentate in accurati pannelli allineati lungo le pareti della sala. Si resta sorpresi dalla v
Vera particolarità del Codice Trivulziano sono le liste di vocaboli –circa ottomila– che Leonardo compilò diligentemente: elenchi di parole disposte in colonne ordinate lungo le pagine del manoscritto. Niente di misterioso, un semplice esercizio linguistico, ma un elemento importante per comprendere la volontà di Leonardo di innalzare il ruolo dell’artista da semplice artigiano a vero intellettuale. Gli elenchi testimoniano il desiderio di arricchire il proprio vocabolario e di impadronirsi della lingua, lo strumento dei letterati, un passo fondamentale per “affermare la supremazia intellettuale [….] dell’artista che si poneva al pari degli umanisti e degli uomini di scienza” (Marani). La determinazione con la quale Leonardo rivendicava all’artista un ruolo di primo piano nella società –così curiosamente documentata nel Codice Trivulziano– è forse una delle maggiori conquiste del grande toscano.
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