I tre lavori di
Jari Silomäki (Parkano, 1975; vive a Helsinki) in
mostra alla Galleria Galica prendono in analisi la soggettività dello sguardo
fotografico, a dispetto di quell’oggettività implacabile che molti
attribuiscono al medium.
La fotografia può essere racconto personale, appunto di
viaggio o rappresentazione codificata della realtà, ma qualunque cosa essa
decida di essere non potrà mai identificarsi col reale stesso. Ci sarà sempre
uno sfasamento, un salto spaziale, temporale e fisico – o, semplicemente, un gap – fra il reale e il rappresentato.
La ricerca di Silomaki prende in esame questo sfasamento,
quest’intercapedine in cui s’annida la soggettività personale da un lato e
“l’inconscio tecnologico” del mezzo dall’altro, concentrandosi in particolar
modo sul racconto soggettivo.
My
Weather Diary è un
progetto cominciato nel 2001: ogni giorno da allora il fotografo ha scattato
una fotografia; su ognuna ha scritto un’annotazione, un pensiero, un fatto
personale realmente accaduto o un avvenimento di cronaca mondiale. Il lavoro
conta ad oggi circa 2500 fotografie e altrettanti piccoli o grandi accadimenti.
Il vissuto dell’autore talvolta si confonde con gli eventi
di cronaca; spesso i mondi, personale e sociale, rimangono universi distanti.
La fotografia e la scrittura sono solo mezzi per annotare momenti che spesso
acquisiscono peso e importanza differenti per chi li ha vissuti.
Alienation
Stories approfondisce
l’uso della scrittura all’interno dell’immagine e l’idea di fotografia come
racconto soggettivo. Le immagini descrivono persone sole, rinchiuse in mondi
interiori, lontane dalla realtà quotidiana e a confronto col proprio passato.
Ciascuno è solo coi propri ricordi, talvolta con i propri fantasmi. Sull’immagine
ognuno trascrive la propria vicenda, raccontandola al mondo. E la loro
alienazione sembra essere la nostra.
Ordinary
Towns on Ordinary Days è
il lavoro in cui l’analisi del linguaggio del medium fotografico è più evidente
e la coscienza delle sue possibilità più manifesta. È un lavoro politico. La
scrittura, seppur meno presente rispetto agli altri lavori di Silomaki,
mantiene un ruolo fondamentale. Perché in questa serie solo le parole conducono
verso verità; le immagini, invece, portano fuori strada.
Sappiamo fin da subito – leggendo il titolo, appunto – cosa
rappresentano le fotografie: città qualunque in giorni qualunque. Poi leggiamo
le didascalie, ulteriori puntualizzazioni: Helsinki, Parigi, Belgrado… in
giorni qualsiasi tra il 2007 e il 2008. Ma le immagini parlano di città in guerra,
sotto assedio, bombardate; sono immagini da tg della notte durante la Guerra
del Golfo o scattate dai celebri fotografi della Magnum.
Invece, non è vero niente. Si tratta solo di una precisa
estetica, quella della fotografia di guerra, che conferisce a queste immagini
valenze e significati lontani dal reale. La beffarda soggettività della
fotografia diventa pericolosa proprio per la sua presunta oggettività.