Categorie: milano

fino al 22.XII.2007 | Domenico Piccolo | Lecco, Federico Bianchi

di - 6 Novembre 2007
Abu Dis è l’effigie contemporanea di un marchio a fuoco. Quello della guerra, della sottomissione e del dolore. È l’icona di una società ferita, balzata alle cronache per le sue contese disumane di guerre antiche e moderne. Domenico Piccolo (Polistena, Reggio Calabria, 1961), alla sua seconda personale da Federico Bianchi, ne fa il punto di partenza e d’arrivo per una drammatica riflessione visiva sulla condizione umana e sociale, portata alle sue estreme conseguenze. In un ciclo di opere realizzate per l’occasione, l’artista crea un ideale percorso site specific, composto da tappe forzate, in cui il protagonista assoluto è l’Uomo. Più precisamente, la società esterna da un lato e l’uomo, al proprio interno, dall’altro: due facce di una stessa, difficile medaglia. Unite da una medesima condizione di sofferenza e sottomissione al male. Tanto in senso fisico quanto in senso psicologico.

Tracciate con pennellate liquide su carta fotografica a sfondo monocromo (bianco, per lo più, ma anche rosa o addirittura nero), le figure di Piccolo sono acerbe, infantili, sbigottite dal dolore, che sembra rinnovarsi costantemente. Lasciate lì quasi per caso su tele prevalentemente di largo formato -ma anche minuscole, oppure incredibilmente rettangolari- in spazi troppo grandi per proteggerle dal pericolo. Sono piegate ad altre figure, a mali indicibili e contemporanei come l’Aids e la droga. Altre volte è invece la religione che piega, flagella, intrappola nei suoi simboli eterni. E allora ecco comparire una croce, o addirittura l’abito sacro di un sacerdote, sempre tracciati con un segno ingenuo. Se dunque la condizione di sottomissione è per lo più quella interiore e spirituale a una società che flagella con le sue piaghe, essa sarà spesso anche fisica, come dimostrano due figure accovacciate, l’una in fila all’altra, in una nudità che non ha nulla di sensuale, ma ricorda piuttosto i campi di concentramento del secolo scorso. I tratti dei volti e dei corpi non hanno caratteri individuali. Si sciolgono piuttosto in una simbologia universale che è la nostra società, che è contemporaneamente in Palestina, Israele, Messico…

Sviluppato nei tre spazi attigui della galleria,il percorso raggiunge il suo culmine ideale e reale in una grande tela a sfondo nero, su cui si staglia un giovane corpo in primo piano. Catarsi simbolica ed estetica di una figura umana che ha vissuto i propri mali, ci è passata attraverso e ora probabilmente ce ne vorrebbe parlare. Un corpo bello e intenso che ci fissa, che con tutta evidenza ha sofferto. Domenico Piccolo ha ritenuto fondamentale spingersi oltre i confini della nostra società: indagare l’altrove, viaggiare idealmente in realtà civili e politiche “altre”, in cui la libertà è ancora prevalentemente un lusso. Ma questo andare al di là l’ha fatto rimbalzare contro un muro di gomma, sulla necessità di uno sguardo intimo sull’uomo. Per ciò è interessante, iconograficamente, l’alternarsi sulle sue tele d’immagini tratte da situazioni politiche estreme con un certo intimismo, religioso e psicologico, in cui ciascuno di noi possa ritrovarsi singolarmente. Con la sua intensità pittorica, Piccolo riesce a esorcizzare il rischio di banalizzare un tema non del tutto nuovo, fermandosi molto prima di risultare scontato.

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Personale nella sede di Gorgonzola della galleria

barbara meneghel
mostra visitata il 29 settembre 2007


dal 29 settembre al 22 dicembre 2007
Domenico Piccolo – Abu Dis
Federico Bianchi Contemporary Art
Piazza Manzoni, 2 – 23900 Lecco
Orario: da martedì a venerdì ore 15-19.30; sabato ore 10.30–19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0341282902; info.lecco@federicobianchigallery.com; www.federicobianchigallery.com

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