Una vita tutta tesa alla sperimentazione. La personalità di Ketty la Rocca ha probabilmente travalicato gli esiti più impersonali e schematici dell’arte concettuale degli anni 60-70, ma non solo. Partendo proprio dall’analisi di quei processi, l’artista toscana ha esteso la sua ricerca al mondo dei media e alle tematiche legate alla percezione del corpo.
Scomparsa prematuramente nel 1976, La Rocca è stata una delle più significative autrici italiane del periodo. La natura interdisciplinare del suo lavoro, in linea con l’attitudine tipica del periodo, si espleta in opere che oscillano tra poesia visiva, installazioni, video e performance. Le molte opere in mostra tratteggiano un percorso che parte dai primi lavori degli anni Sessanta. Si tratta prevalentemente di collages composti da immagini e testi presi dai quotidiani, elementi affiancati liberamente affinché generino nuovi significati. Infiltrando messaggi di denuncia e di rottura rispetto al mondo dorato e persuasivo della pubblicità e dell’informazione. Un meccanismo linguistico detournante, vicino ad una matrice di tipo situazionista e precursore di esperienze contemporanee come quelle firmate Adbusters. In questi primi lavori l’amara realtà socio-politica emerge dal rassicurante mondo dei mass media. Ketty La Rocca formula la sua analisi critica per riflettere sulla rappresentazione del corpo femminile, la minaccia della guerra, e la manipolazione della coscienza operata dalla politica e dalla chiesa.
I lavori che mostrano l’attività dell’artista nella seconda metà degli anni Settanta testimoniano un’attenzione specifica alla decostruzione di immagini preesistenti. Come in Margherita Gauthier del ‘75 dove La Rocca, partendo dall’affiche del famoso film di George Cukor, scompone la fastosa immagine di Greta Garbo in segni sempre più ridotti. Fino ad arrivare ad un grado di sintesi che sconfina nella non riconoscibilità della figura, negando in questo modo anche lo status di icona dei personaggi ritratti nei manifesti cinematografici.
L’attraversamento di media diversi, l’uso della fotografia, della scrittura, del video e della performance contribuisce a conferire una valenza sociale e antropologica alla sua ricerca. Le opere dimostrano come l’artista avesse già intuito l’importanza di una più radicale coscienza del proprio corpo e di una rinnovata indagine interiore, anche morfologica. Ecco quindi un’opera come Craniologie (1973), realizzata con una fotografia a raggi-x del proprio cranio, sulla quale l’artista ha tracciato frasi e invocazioni, collocando il verbo nel luogo interno della sua formulazione.
Se negli spazi della galleria è possibile così ricostruire grazie ai lavori esposti, il percorso di un’artista attualissima per modalità e tematiche come Ketty La Rocca, nell’ultima sala è stato collocato un lavoro simbolicamente incompleto: conservato in una teca tra collages e disegni ecco un coppia di cuscini ricamati a mano e non finiti, come un gesto interrotto, e dunque aperto.
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riccardo conti
mostra visitata il 13 ottobre 2005
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una delle più belle mostre che si sono inaugurate con start. grande ketty la rocca e grande emi fontana.
dan