Preceduta dalla preconfezionata e soprattutto inflazionata definizione di, “giovane artista americana” è arrivata a Milano Amy Sarkisian.
La galleria Marella Arte Contemporanea, ormai solita proporre l’insolito, appare nuovamente l’inconsapevole teatro di questa californiana d.o.c. Teschi, maschere, fucili appesi al muro, tappeti, ricami in china su carta e un elegantissimo teschio tempestato di perle sono il biglietto da visita di questo talento. Ma andiamo per ordine, se mai ce ne fosse uno.
In Toy Skull Reconstruction Amy ha selezionato cinque teschi umani (finti) e poi, utilizzando una tecnica scultorea complessa, ha modellato e formato le teste di
La Sarkisian ha creato queste bizzarre creature partendo da materiali grezzi come, gesso, vernice, stoffa legno e capelli (veri). Le figure hanno il volto storto con dettagli esagerati, labbra e occhi che assomigliano a quelli dei personaggi hollywoodiani che si sono sottoposti ad interventi di chirurgia plastica estrema, esagerata e innaturale. Sarkisian ha poi fotografato questi personaggi rendendoli inquietanti e carichi di forza psicologica.
Gli sguardi non incrociano mai quelli dei poveri spettatori, ricreando così quel rapporto “star-povero terrestre” capace di sottolineare la tacita oligarchia che disegna perfettamente le caste di questo mondo. I personaggi di Hollywood sono rappresentati come mummie egizie consacrate a sacerdoti del dio successo. Ferme, immobili, sembrano accettare di buon grado la nostra prostrazione incondizionata, con un distacco, però, che
Se da un lato la Sarkisian sembra ripercorrere a ritroso il percorso di un certo Hanson, in realtà ne rimarca, all’interno di un’area più scherzosa e dinoccolata, la forte denuncia sociale. I personaggi infatti sono il prodotto primo dell’industria America, riviste in una Rushmore ideale e fantastica. Inquietudine e spavento infantile lasciano subito lo spazio per una “grassa risata” liberatoria, che consacra il quotidiano come vera possibilità, ridimensionando e ridicolizzando allo stesso tempo il modello che vogliono imporci.
L’artista, interpreta una sorta di post-concettualismo della “West Coast” attraverso sculture che filtrano brividi celebrali ed esprimono un deciso umore funesto. Parla di morte ma alla fine è il trionfo della verità, della luce e della vita. Quella vera.
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Il sito di Marella Arte Contemporanea
roberto sommariva
mostra visitata il 20 settembre 2002
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