Se un giorno arrivasse un alieno, chi lo riconoscerebbe? Come? E se l’alieno avesse un paio d’orecchie appuntite, sarebbe sufficiente a renderlo tale? Basterebbe crederlo di un altro pianeta, vedendolo a testa in giù, dentro un ombrello, o guardandolo fare il bagno su un materassino, in un lago, d’inverno? Ma lo straniero, quello che viene da chissà-dove, giunge dall’altrove. E si sa, è un tipo strano, per l’appunto
Stranger, come recita il titolo della mostra.
All’apparenza giocosa, ma intrisa di dolce decadenza e di una seria inflessione citazionale, prende abbrivio la prima personale bergamasca di
Christian Rainer (Austria, 1976) e
Karin Andesen (Burghausen, Germania, 1966). Il progetto
Stranger si declina a partire dalle movenze eleganti dei piani sequenza di un videoclip. Un filmato che si evolve in una narrazione completa, a partire da un promo realizzato per il primo singolo dell’artista austriaco. A partire da questa pellicola, alcune immagini sono state trasposte e ri-editate, formando un supporto a metà fra il mezzo fotografico e il frame cinematografico. Inoltre, per i collezionisti di videoarte, è a disposizione la copertina del DVD, rivestita con foglie d’edera. Questa versione, posta in una piccola teca di cristallo, dona un tocco lezioso ma d’impatto curioso all’andamento lineare dell’intera esposizione. Interessante il lavoro di Rainer per chi si concentra sulle note del brano
Stranger. La lunga
romantic ballade si stende senza fretta, cadenzata su pochi accordi, riempiendo l’atmosfera della galleria di un elemento musicale morbido, dai toni bassi.
Una componente, questa, che da sola basterebbe a far fiorire dei bulbi, piantati per aria. La tristezza, infatti, lascia il posto alla scoperta del personaggio di Karin Andesen, lo straniero dalle orecchie a punta. Quell’alieno-a-tutto che viene riproposto come soggetto all’interno delle composizioni fotografiche e filmiche della coppia. Nel racconto delle peripezie di questo estraneo, alle prese con la novità delle cose, prendono posto immagini semplici e poetiche insieme. L’esplosione lenta della scoperta quotidiana avviene, in realtà, come un motore veloce, un tramite utile agli esperimenti di un corpo. Di un corpo sempre alieno a sé stesso che, nei connotati di Rainer, è denotato di un viaggio. La dimensione per eccellenza nella quale fare prove di significato, prove di volo. Proprio come recitano alcuni versi del testo:
“Questa notte le entrate sembrano fantasmi / ed io ho una spalla allagata / un ombrello da un posto / e accanto te / che vuoi andare in giro a vedere / i colori di stagione / guarda noi / verdi, gialli, rossi, marroni / guarda me marrone / fuori dagli occhi di tutti / straniero”.
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...mi scuso, come non detto.
Sono ruscito a trovare il nome solo ora.
Dunque: complimenti Ginevra Bria
bellissimo articolo, poetico quanto il lavoro di cui parla.
E' un peccato che non si riesca a capire chi lo ha scritto...
Bravo l'autore o l'autrice.
A.F.