Ciò che appare evidente nel lavoro di Fausto Gilberti (Brescia, 1970) è la tensione verso la rappresentazione. Rappresentazione di una complessità talmente fitta e straripante che solo l’autocontrollo e la disciplina del segno può tentare di tratteggiare.
Le venti opere esposte testimoniano il difficile conflitto di distribuire segni come metafore del tutto, pur lasciando lo spazio bianco del silenzio, che costituisce una via di fuga dall’immagine e dal “testo”. In questa seconda personale dell’artista presso la galleria 1000eventi, le opere testimoniano probabilmente una nuova fase del percorso artistico di Gilberti. Rispetto ai precedenti lavori totalmente bidimensionali, dove la stilizzazione delle figure e dello spazio proiettavano l’immagine in una dimensione assoluta, di icona, in questa serie i fogli da disegno (tutti del medesimo formato) raccolgono figure che sembrano aver conquistato una nuova dimensione, spaziale e atmosferica. La tecnica della matita permette infatti all’artista di dosare il segno, di ammorbidirlo o appesantirlo tramite i chiaroscuri, così da conferire ai soggetti una presenza più fisica e meno astratta.
I soggetti, sono ancora una volta loro, o meglio, lui: una figura che riconosciamo come antropomorfa in un’economia assoluta di segni. Un cono allungato come corpo, nero come se fosse paludato da un lungo abito, due sfere con un foro da pupilla, ad interpretarne lo sguardo, e segni esili come rametti a simboleggiare gli arti e le estremità del corpo. C’è indubbiamente molta ironia e parodia nell’intuizione di questo personaggio-feticcio di Fausto Gilberti, ma a ben guardare, appena sotto l’immediato appeal della figura c’è malinconia, disagio e talvolta senso di sofferenza, che si acuisce in quelle scene dove il soggetto sembra scomporsi e duplicarsi all’infinito, manifestando silenziosamente la perdita di un’identità.
Una denuncia silenziosa. L’impressione sembra quella di visualizzare lungo le pareti della galleria diversi fotogrammi di un film in bianco e nero dell’era del muto. Con un protagonista del passato, stilizzato, comico ed insieme triste come Buster Keaton. Ma poi sono sufficienti piccoli dettagli della composizione a ribaltare quelle scene in una realtà tangibilmente contemporanea, allorché le miriadi di citazioni e rimandi figurativi (ma anche i titoli dati alle opere) contribuiscono ad alimentare un dialogo ostinato e talvolta disperato con la contemporaneità e i suoi culti, i suoi oggetti del desiderio e le sue vibrazioni. Pop culture, mondo dell’arte, memorie personali, natura, immagini cinematografiche e televisive, tutto è accostato con la medesima dignità. Ma prima che si raggiunga la massa critica, l’artista sensibilmente utilizza la tecnica del disegno come una diga per arginare il tutto.
Il disegno come forma espressiva precisa, graffiante e veloce. Il segno e l’immaginario di Fausto Gilberti sono lì, nella materia grigia della grafite e nella velocità delle sue sinapsi.
riccardo conti
mostra visitata il 28 novembre 2006
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bella mostra. complimenti
ecchè ha fatto un corso di disegno accellerato?
come i ciapman!
Bravissimo Fausto, uno dei migliori artisti italiani!!!
fausto the best
che noia di mostra!
non hai torto davide !pessima
fausto 6 un grande artista !