All’avvio delle
scale che conducono alla galleria, uno scheletro umano di proporzioni
gigantesche, come ad annunciare che quanto appare nelle immagini non è
realizzato al computer; la teatralità e il gioco delle dimensioni sono frutto
invece di un attento, accuratissimo lavoro scenografico. Così pure per le
grandi lumache che sono poste al centro della sala espositiva, utilizzate per
diversi scatti, con titoli precisi quali “
with Giant Snails”.
C’è il piacere
dell’accumulo di oggetti che vanno a comporre un fitto insieme di colori, come
per la prima immagine entrando,
Self Portrait with Cakes, con Tim Walker (Guildofrd,
1970; vive a Londra) a letto, stanza con carta alle pareti e tappeto,
circondato da torte esageratamente guarnite e disordinatamente accatastate.
Ritorna più
volte l’inatteso, il sorprendente, per cui lo sguardo indaga anche per
distinguere l’ambiente principale – comunque composto in forma ironica, spesso
d’altri decenni – e quanto produce meraviglia, come per
Juliet Bewicke,
Horse in House, donna a cavallo in salotto aristocratico, o per
Lilly
Donaldson at Dressing Table with Spitfire e
Lilly Donaldson, Jonas
Kessler and Spitfire, dove un aereo invade lo spazio privato, ma senza allarme,
poiché sempre prevale il gusto dello spaesamento.
Così per gli
animali: il coccodrillo, il pesce, le farfalle… Elementi decorativi però,
così sembrerebbe, più che simbolici. Anche se di particolare fascino si rivela
la foto
Alice Gibb in Spider Web, con la tela del ragno, presenza qui
più inquietante rispetto a
Sunniva with Yellow Roses and Spider Web. E numerosi
sono gli slittamenti di materiali, gli accostamenti di forme, vicinanze
inattese, per l’aereo composto di pane, la biblioteca con oggetti arcaici, i
divani con i fari d’automobile, gli abiti di luce appesi a un albero.
Tim Walker è
stato assistente di Richard
Avedon e, dopo diversi percorsi di ricerca, ha iniziato a lavorare per
Vogue. In mostra ora
a Milano c’è anche un bel ritratto di Vivienne Westwood.
Quarantasei le
fotografie esposte, alcune di vaste dimensioni. Importanti i ritmi coloristici.
Dischi volanti e quotidianità. Composizioni stupefacenti: dentro e fuori una
grande cornice di schermo televisivo in paesaggio naturale o azioni “mosse”,
magari per ballare con uno scheletro. Il mondo non può semplicemente stare,
farsi catturare dallo scatto: la realtà si compone per la precisa, determinata
volontà ri-creativa dell’uomo, dell’artista.
E nulla può più
conservare la sua rassicurante identità: come per quel gigantesco nido d’aquila
adagiato su un letto.