Che la pittura italiana sia, malgrado le malelingue, viva e vegeta, non è una novità. Se poi l’ultimissima generazione, classe 1980, si mette a dipingere, con consapevolezza, stile e lucidità, il conto è saldato con gli interessi. Un breve ma significativo spaccato delle nuove tendenze, è offerto in questi giorni a Milano dalla galleria Antonio Battaglia, con un quartetto di giovanissimi eterogeneo, ma ben assortito: Attilio Esposito (Lecco, 1983), Massimo Gurnari (Milano, 1981), Giovanni Ricciardi (Napoli, 1977), Sciva (Milano, 1982).
Se le soluzioni a cui pervengono i quattro artisti nella realizzazione dell’opera sono diverse e determinate, comune a tutti è il desiderio di indagare l’individuo in quanto tale. Sia esso corpo, declinato nei monitoraggi ravvicinati, quasi epidermici, di Esposito, che con taglio fotografico focalizza lo sguardo su un preciso tratto del volto, o sulle mani, con una resa pittorica ai limiti del grottesco. Sia muti in ombra proiettata, immagine latente appena abbozzata, confusa su fondi liquidi, quasi acquerellati, in cui frammenti di altri corpi incombono in uno stato di eterna sospensione, a raccontare un mondo altro, metafisico eppur vivo, tra gli incubi di Gurnari. O fletta nell’illusione di una figurazione lirica, inquietante esperienza lisergica, nelle stesure materiche di Ricciardi -più singolare del gruppo- con i suoi fondi pop, increspati di stravaganze, stralunati da superfici estranee lucide, da cui affiorano profili, contorni indefiniti di personaggi inventati.
Fino all’introspezione auto-psicanalizzante di Sciva, che con una pittura volutamente grezza, scava nei luoghi e i dilemmi dell’infanzia: innocenti, crudeli, surreali, in cui i pupazzi si animano e i giochi più semplici assumono una carica psicotico-erotica, abbozzati con pennellate veloci, atmosfere livide, colori violenti.
Con un atteggiamento che riassume, per tutti e quattro gli artisti, una visione disincantata della vita, senza tema di spaesamento. Non c’è disperazione nelle opere, ma mera constatazione di uno stato di fatto esistente e consolidato, dotata di un certo, sano cinismo. Insieme alla precisa volontà di occupare uno spazio, di arrivare ad una meta prefissa, nel mondo e nell’arte, alla quadratura del cerchio, con quella carica aggressiva propria alla nuova generazione.
santa nastro
mostra visitata il 22 aprile 2005
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..se lo conosci lo eviti!!
uno che fà pagare le mostre è vergognoso!!