Moda in Luce, veduta della mostra, Palazzo Pitti, Firenze, 2025, ph. Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi â Ministero della Cultura
Firenze ha aperto il mese della moda uomo con due importanti manifestazioni dove la moda Ăš al centro: la Galleria del Costume di Palazzo Pitti si trasforma in una macchina del tempo per raccontare 30 anni cruciali della storia della moda italiana con la mostra Moda in Luce 1925â1955. Alle origini del Made in Italy. Contestualmente Pitti Uomo Ăš arrivato alla sua 108ma edizione, presentando 740 espositori e quasi 130 eventi in calendario.
Lâincontro tra la mostra storica della Galleria del Costume e lâattualitĂ di Pitti Uomo crea un dialogo potente: se Moda in Luce ricostruisce la nascita del sistema moda italiano tra artigianato, estetica e comunicazione, la Pitti contemporanea ne declina lâereditĂ costruendo nuovi linguaggi, geografici e visivi, spinti dallâibridazione e apertura alle nuove generazioni.
Fino al 28 settembre 2025, le sale della Galleria del Costume di Palazzo Pitti ospitano la mostra Moda in Luce 1925â1955. Alle origini del Made in Italy, promossa dal Ministero della Cultura, organizzata da Archivio Luce CinecittĂ in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi e curata da Fabiana Giacomotti, un racconto affascinante tra estetica, industria, innovazione e identitĂ nazionale.
Il progetto espositivo si configura come unâoperazione culturale inedita: un mosaico visivo e narrativo che intreccia 50 capi e accessori originali, materiali audiovisivi, fotografie rare, documentari e cinegiornali provenienti dallâArchivio Luce â molti dei quali mai visti prima â per riscoprire un periodo spesso trascurato dalla storiografia della moda. Un tempo in cui lâeleganza italiana si affermava silenziosamente, ben prima della leggendaria sfilata nella Sala Bianca del 1952.
Attraverso quattro sale, la mostra mette in luce il fermento creativo che animĂČ lâItalia tra le due guerre e nel secondo Dopoguerra: dalla sperimentazione tessile alla nascita di maison leggendarie, dai primi esempi di marketing alla comunicazione di moda attraverso cinema e fotografia. LâArchivio Luce si conferma protagonista assoluto, custode di una memoria collettiva che restituisce voce e immagine alle grandi trasformazioni del gusto e del costume. «I materiali dellâArchivio Luce costituiscono il cuore visivo e narrativo di questa mostra», sottolinea Chiara Sbarigia, presidente di CinecittĂ . «Attraverso cinegiornali e fotografie emergono le ambizioni, le contraddizioni e i traguardi della moda italiana».
Il percorso espositivo abbraccia nomi iconici come Fortuny, Biki, Carosa, Simonetta Visconti, le sorelle Fontana ma anche maison scomparse come Ventura, Gandini, Montorsi, in un dialogo che comprende protagonisti della tradizione e pionieri della modernitĂ . Accanto a loro, compaiono le firme che avrebbero fatto la storia del Made in Italy: Gucci, presente con una rarissima borsa da sera degli anni Venti; Ferragamo con il rivoluzionario âsandalo invisibileâ del 1947; ed Emilio Pucci, ancora etichettato semplicemente âEmilioâ. I capi e gli accessori esposti provengono in parte da prestigiosi musei, come i Musei Boncompagni Ludovisi e Palazzo Madama, e in parte da archivi di impresa o di privati.
La mostra rivela una geografia diffusa della creativitĂ , ben lontana dal mito esclusivo di Firenze: Venezia, Milano, Torino sono epicentri di fermento giĂ dagli anni Venti e Trenta, come dimostrano episodi storici come la prima sfilata congiunta di moda italiana e francese a Venezia nel 1926, o la nascita a Torino dellâEnte Nazionale della Moda nel 1935.
«La genesi della moda italiana riflette la storia del Paese», ricorda Fabiana Giacomotti, curatrice della mostra. «Un trentennio nel quale si forma la coscienza critica e storica dello stile italiano, si consolida lâorgoglio di appartenenza, si struttura lâindustria e la filiera, secondo un modello rimasto unico al mondo».
Moda in Luce non si limita a celebrare lâeleganza di unâepoca. Lâintento Ăš restituire dignitĂ e visibilitĂ a un periodo fondativo ma spesso marginalizzato, che ha posto le basi per lâaffermazione globale del Made in Italy. «Questa mostra permette di calare gli abiti in un contesto che li rende vivi», afferma Simone Verde, direttore delle Gallerie degli Uffizi. «Lâimmagine come mezzo documentario ci aiuta a comprendere la funzione sociale dellâabito oltre la sua apparenza estetica».
La versione restaurata del documentario Sette canne per un vestito (1948) di Michelangelo Antonioni, accanto ai materiali firmati da Romolo Marcellini e Roman Vlad, arricchisce ulteriormente lâesperienza, rivelando la sinergia tra moda e cinema nella costruzione di unâimmagine nazionale forte, riconoscibile e seducente.
Unâedizione che ha chiuso in positivo grazie ai numeri di visitatori e al mix di designer, che hanno riscosso successo e tanta attenzione. Solo per citarne alcuni, molto apprezzati da addetti ai lavori i guest degli eventi speciali promossi da Pitti: da Homme PlissĂ© Issey Miyake, ospite dâonore con uno straordinario, molteplice evento â mostra e sfilata â a Villa La Petraia; la prima sfilata del brand coreano PAF â Post Archive Faction, guest designer in Stazione Leopolda, che ha ospitato anche lo special event firmato dal marchio giapponese di ricerca Children of the Discordance; fino al debutto nel menswear del talento italiano NiccolĂČ Pasqualetti, presentato con una sfilata al Teatro del Maggio che ha incantato stampa e buyer.
Alla Villa Medicea della Petraia, la collezione Amid Impasto of Horizons di Homme PlissĂ© Issey Miyake ha trasceso la moda per diventare esperienza sensoriale: una âpittura en plein airâ, con tasche per pennelli, parka con grucce integrate e policromia che rincorre la luce italiana. Per lâoccasione il brand ha immaginato due momenti distinti, pensati per raccontare in sinergia il processo creativo che ha dato vita allâultima collezione.
Se da un lato si Ăš tenuto lo show vero e proprio, dallâaltro câĂš stata la mostra sul lavoro di plissettatura, considerata da sempre la tecnica sartoriale distintiva della maison. Un progetto che ha esplorato i punti dâincontro fra la cultura giapponese e quella italiana, che celebra lâartigianalitĂ dei capi e la loro essenziale innovazione.
NiccolĂČ Pasqualetti ha proposto un guardaroba stratificato, dove uniformi, workwear e trasparenze convergono in look modulari e innovativi, pantaloni aperti, costumi da bagno indossati sopra capi sartoriali, gioielli integrati in abiti cari al sĂ© contemporaneo. Molto interessanti anche le collezioni di Post Archive Faction â PAF, con la sua performance-installazione onirica e suggestiva, e lo show di Children of the Discordance, con un linguaggio che supera le categorie tradizionali di genere e territorio.
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