Si intitola La modernità viene dal mare la prima delle sette sezioni sviluppate nella mostra Matisse e la luce del Mediterraneo, progetto che esplora la poetica e le vicende biografiche del grande maestro delle avanguardie del Novecento. L’esposizione è curata da Elisabetta Barisoni e presenta oltre 50 opere, tra lavori di Matisse e di artisti che lo hanno ispirato o che da lui hanno tratto linfa creativa.
Proprio dal mare, dal modo in cui la luce riverbera sulla sua superficie, provengono infatti le grande rivoluzioni di matrice francese che alla fine dell’Ottocento scuotono e rivitalizzano la scena artistica europea: da un lato, il mare del Nord, intimamente legato all’Impressionismo e al Simbolismo; dall’altro, la luce morbida del Mediterraneo, fondamentale per l’evoluzione del post-impressionismo e dell’arte dei Fauves, le “belve”.
Neppure l’evoluzione dell’opera di Henri Matisse (1869, Le Cateau-Cambrésis – 1954, Nizza) può in alcun modo essere slegata dalle coste del Mediterraneo che visita, vive e che contaminano indelebilmente le sue tele e i suoi disegni.
Tra i momenti fondamentali del suo percorso, spicca così il viaggio in Corsica del 1898, dove entra in contatto con una natura selvaggia, salmastra e incontaminata. Seguono poi le esplorazioni in Nord Africa, in particolare in Algeria e Marocco, fino, poi, al suo definitivo trasferimento a Nizza nel 1921.
Di quanto il mare, con il suo blu intenso, sia entrato dentro di lui è un perfetto esempio l’olio del 1919 La finestra aperta, un prestito proveniente dal Centre Pompidou di Parigi, in cui l’artista ci regala uno scorcio del paesaggio visibile dalla sua casa a Nizza.
Dai suoi viaggi in Nord Africa, inoltre, Matisse trae un altro apporto imprescindibile per la definizione del suo lavoro: l’amore per il decorativismo, per la linea sinuosa e per i temi moreschi e orientalizzanti. Questo aspetto è ben evidenziato nelle opere esposte nelle sezioni della mostra Arabesco e decorazione e Lusso, calma e voluttà.
Qui, i disegni e gli oli si popolano di pattern complessi, di contorni morbidi e delle sue famose odalische. Tra queste, un vero e proprio capolavoro cromatico è l’Odalisca gialla (1937), in cui una figura femminile, appoggiata sul proprio braccio destro, sembra quasi fondersi con lo spazio e con i ricchi ornamenti dell’interno rappresentato.
La mostra si conclude poi esplorando l’ultima, rivoluzionaria fase creativa dell’artista francese, che, a partire dagli anni Quaranta, si dedica con estrema dedizione alla tecnica dei papiers découpés, con la quale aveva già sperimentato in precedenza, ma che ora si fa centrale. Sinteticità della forma e colori primari sono gli elementi cardine di questo stadio, come ben dimostrato dal lavoro Icaro (1957), presentato in mostra.
Il suo blu intenso – elementare – entra qui in contatto con le opere di maestri veneziani come Renato Borsato e Saverio Barbaro, ma anche con il lavoro di Chris Ofili e di Marinella Senatore, a dimostrazione di come la rivoluzione di Matisse, partita dalle sponde del Mediterraneo, non si sia mai davvero arrestata.
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