Installation view,Santi, sirene, briganti e baccanali
Osservando attentamente le opere presenti nella mostra Santi, sirene, briganti e baccanali nella sede palermitana della Rizzuto Gallery, ci si sorprende ogni volta a cogliere nuovi riferimenti celati e narrazioni visive stratificate. Pur nella diversitĂ di esperienze artistiche, tecniche e intenzioni, Mattia Barbieri, Francesco De Grandi, Daniele Franzella e Luigi Presicce sono uniti da una ricerca comune che scava nel passato e si rigenera, arricchendosi costantemente di nuove visioni e significati. Le sale della galleria, ognuna dedicata a uno dei quattro artisti, fanno da sfondo per lo sviluppo di un immaginario tanto individuale quanto collettivo, che affonda le sue radici in ricerche esistenziali e archetipiche.
La prima sala della galleria è dedicata ai lavori di Mattia Barbieri (Brescia, 1985), tutti realizzati nell’ultimo anno e che vedono l’utilizzo di supporti e tecniche differenti. Su una parete, si susseguono una serie di oli su rame di piccolo formato – di forma circolare, rettangolare o a lunetta – caratterizzati da colori vivi e pieni, e da figure dinamiche dall’aspetto divinatorio. Frontalmente, vi sono invece lavori di medio formato realizzati a tecnica mista su una base spessa di cemento – posta su un supporto ligneo – e un’opera a tecnica mista su tavola facente parte della serie OH SACRE BLEU. Attingendo a diversi ambiti della tradizione pittorica e della cultura religiosa e popolare, Barbieri opera una sorta di ricombinazione di codici precostituiti. In Madonna Malevič 1924 e VERMEER FRESCOES, ad esempio, si mescolano volti alieni, iconografia mariana ed estetica avanguardista, aprendo il linguaggio pittorico a nuove interpretazioni e combinazioni.
Un’altra forma di risemantizzazione, utilizzando però prevalentemente il linguaggio scultoreo e con esiti molto differenti, è quello che avviene anche nei lavori di Daniele Franzella (Palermo, 1978). Attraverso l’utilizzo di un vasto repertorio di immagini, Franzella propone una riflessione ideologica su figure e simboli. Fra le ceramiche esposte, ad esempio, le due sculture di forma fallica intitolate Piccolo Pan (2025) uniscono elementi propri della mitologia greca a un’estetica rituale e arcaica, in cui l’ambiguità della forma evoca un legame primordiale con la fertilità . La manipolazione delle immagini è sempre accompagnata da una forte sperimentazione tecnica, così come avviene nell’affresco digitale Gli ospiti (2021): partendo dall’alterazione dell’immagine di una scena orgiastica, questa viene impressa sulla superficie combinando la tecnica tradizionale dell’affresco con la stampa a getto d’inchiostro.
Un’esplosione di colori brillanti contraddistingue invece le opere di Luigi Presicce (Porto Cesareo, 1976), le cui immagini sono sempre intrise di un profondo misticismo. Figure semiumane, maschere in ceramica e volti affilati dall’aspetto favolistico creano un nuovo unico immaginario che, allo stesso tempo, non cela il suo legame con il primitivo. In una delle ceramiche esposte, ad esempio, caratterizzata da un’importante protesi peniena, vi è la coesistenza di aspetti rituali e folclorici che riprendono una tradizione popolare del Mato Grosso. La palette cromatica utilizzata nei lavori su tela, costituita da colori fluo molto saturi, aiuta senz’altro a creare un effetto di luminosità artificiale, che enfatizza ulteriormente l’aspetto magico ed esoterico presente nella sua pittura.
L’ultima sala della galleria è infine dedicata alle tele realizzate da Francesco De Grandi (Palermo, 1968). La complessità dei riferimenti iconografici da cui attinge genera una narrazione complessa e stratificata, nella quale elementi tratti dalla storia dell’arte, dal sentimento religioso popolare, dalla filosofia, si fondono insieme. In Onofrio Zoroastro (2024), ad esempio, l’iconografia di Onofrio anacoreta – compatrono della città di Palermo – si lega alla figura del mistico iranico Zaratustra, in particolare nella sua versione nietzschiana. Naufragio grande (2024) e La pesca miracolosa (2025), fra le ultime opere di De Grandi, evocano invece un tempo sospeso in cui l’attualità della scena si fonde con una dimensione atemporale.
Una compresenza di santi e miti, tradizione e contemporaneità , che in tutti gli artisti in mostra – come indicato nel testo – sembra riflettere quella naturale tendenza umana al dialogo con le proprie origini e al desiderio, inteso come pulsione infinita di auto-superamento e rigenerazione.
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