Categorie: Mostre

A Perugia, una mostra su Raffaello e l’Umbria, tra digitale e reale

di - 9 Novembre 2020

Il secolare fascino esercitato dall’arte di Raffaello, alimentato dal suo talento e moltiplicato dall’aura quasi mistica che ha avvolto la sua figura fin dal momento della morte, ha influenzato in maniera significativa diverse generazioni di artisti. Grazie alla collaborazione tra la Fondazione CariPerugia Arte e l’Accademia di Belle Arti di Perugia, il capoluogo umbro partecipa alle celebrazioni di questo tribolato anno raffaellesco con un progetto molto interessante: “Raffaello in Umbria e la sua eredità in Accademia” è la mostra, ospitata a Palazzo Baldeschi al Corso, che focalizza l’attenzione sul periodo umbro dell’urbinate e ha il merito di raccontare l’attività artistica fiorita nei secoli successivi in seno all’Accademia e nel solco della sua eredità, soprattutto quando, a cavallo tra Settecento e Ottocento, interi movimenti artistici si ispirarono alla “purezza” della sua pittura.

Perugia occupò un ruolo centrale nella formazione di Raffaello che qui trascorse circa cinque anni: tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo infatti è uno dei centri artistici rinascimentali più vivaci, grazie anche all’attività di Perugino e della sua bottega, con cui collaborò per un po’ di tempo. Purtroppo però, delle opere che eseguì in Umbria, almeno dodici, solo due sono rimaste da queste parti: il Gonfalone della Trinità, nella Pinacoteca comunale di Città di Castello e l’affresco conservato nella chiesa di San Severo. Una delle due sezioni della mostra permette oggi di vivere una suggestiva esperienza multimediale, che riunisce, seppur virtualmente, quelle opere e offre allo spettatore l’opportunità di essere letteralmente immerso nell’arte del Maestro.

Il Pintoricchio – Madonna con il Bambino e san Giovannino, tempera su tavola, 59 x 44 cm

Ciò che invece è possibile ammirare dal vivo sono tre capolavori del Rinascimento che fanno parte della collezione della Fondazione CariPerugia Arte: la Madonna col Bambino e due cherubini di Perugino, la Madonna col Bambino e San Giovannino di Pintoricchio, e il Santo Stefano del cortonese Luca Signorelli. Si tratta di tre opere che documentano bene il clima artistico così carico di stimoli in cui si formò Raffaello: i loro stili concorrono a strutturare il bagaglio culturale dell’urbinate, instancabile recettore di ogni nuova istanza pittorica.

Se Perugia è centrale nella sua formazione è altrettanto vero che il suo passaggio ha influenzato la vita culturale di questo centro e le carriere dei giovani che si formarono in Accademia nel corso degli anni: su questo aspetto è incentrata l’altra parte del progetto che racconta un frammento di storia dell’arte sconosciuta al grande pubblico ma di assoluta raffinatezza e con molteplici implicazioni (tra cui quelle per lo sviluppo dell’arte decorativa). All’interno delle sale di Palazzo Baldeschi è quindi possibile seguire il percorso artistico che si sviluppa principalmente tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, quando il classicismo torna in auge e Raffaello ne diviene la fonte principale: il neo raffaellismo che si sviluppa conseguentemente ha il suo centro a Roma ma trova una sponda molto forte a Perugia, proprio grazie alla sua Accademia, e all’estero con l’affermazione di movimenti come i Puristi e i Nazareni. I pittori si esercitano nella copia e ne assorbono i paradigmi riproponendoli, ben riconoscibili, anche nelle loro opere originali. Attraverso disegni, incisioni, dipinti e decorazioni la mostra ricostruisce un’importante vicenda artistica che coinvolge nomi come Jean Baptiste Wicar, Tommaso Minardi, Giuseppe Cades, pittori tra i più celebrati nella loro epoca.

Jean-Baptiste Wicar (Lille, 1762- Roma, 1834), Lo Sposalizio della Vergine, cartone preparatorio, 1822

Una menzione particolare, a testimonianza delle implicazioni per le arti decorative, è d’obbligo per la splendida Cassapanca con 4 riproduzioni da opere di Raffaello, in legno intarsiato e madreperla, opera di Alessandro Monteneri, anche lui formatosi nella feconda istituzione perugina.

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