A Cabinet of Wonders, installation view, ph Matteo De Fina
Fino al 2004 è stata l’arte contemporanea la grande passione di George Loudon che, nella sua collezione, contava opere di Anish Kapoor e Damien Hirst. Poi, la rivelazione, nata dalla scoperta di alcuni lavori di vetro finissimo: piante, fiori e creature marine riprodotte in maniera minuziosa da Leopold e Rudolf Baschka, artigiani attivi a Dresda tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Ventesimo secolo. Per Loudon, queste sculturine delicate, bellissime, che nascono come supporto alla didattica, sono alla base della domanda che darà forma al suo futuro: e se la natura stessa fosse un’opera d’arte?
È così che Loudon comincia ad acquistare tutta una serie di oggetti curiosi, principalmente utilizzati per lo studio e per l’insegnamento. La sua collezione va così ad arricchirsi di grosse uova di struzzo, un gattino a due teste, limoni e pesche deformati. E poi ancora: pergamene giapponesi, disegni di pesci colorati e melagrane artificiali, realizzate a mano. Oggi, più di 200 di questi oggetti sono esposti nel museo di Palazzo Grimani, in occasione della mostra A Cabinet of Wonders. Una celebrazione di arte e natura. The George Loudon collection.
Gli allestimenti, sviluppati dal curatore Thierry Morel in collaborazione con il noto scenografo Flemings Fallesen, esaltano questi oggetti, danno loro vita. I frutti e i fiori di Loudon prendono così posto in quello che sembra un vero e proprio giardinetto, ricostruito all’interno di una delle sale del palazzo.
Tutta una serie di modelli anatomici, poi, è elegantemente disposta in quella che era la cappella dei Grimani: piccoli crani, un busto in stucco, la riproduzione dello scheletro di un grande piede. Importante è che si tratti sempre di oggetti che, come i fiori di cera e cartapesta, nascono per essere smembrati, smontati e studiati nei loro frammenti.
Obbiettivo di A Cabinet of Wonders non è però solo presentare le curiosità di Loudon in un nuovo contesto, ma anche di metterle in dialogo con l’attività di un grande collezionista del passato: Giovanni Grimani, che, come l’inglese, non si interessava solo all’arte in senso stretto, ma anche all’antiquariato, alla botanica e alla ricerca scientifica.
Proprio come omaggio a Grimani si configurano perciò le prime sale della mostra, a cominciare dalla riproduzione ideale del cabinet di un collezionista veneziano del Seicento, che inaugura il percorso espositivo. Presentando tele di artisti quali Tintoretto e Tiziano, lo spazio si trasforma in una sorta di macchina del tempo, che ci riporta ai fasti e all’atmosfera di Palazzo Grimani nei suoi anni d’oro.
Incontriamo poi uno spazio più intimo, raccolto, dove la ricchezza dei raffinati tessuti Rubelli esalta l’opera del Veronese, il corno di rinoceronte, i liuti e l’arazzo che qui trovano posto. È una festa per gli occhi quella a cui Morel dà vita in questa sala, a cui segue la splendida ricostruzione di una Wunderkammer: una camera delle meraviglie. Qui troviamo, in dialogo con le incisioni dell’artista francese Erik Desmazières, vasi, clessidre, raffinate maioliche e persino un piccolo coccodrillo.
Filo conduttore è sempre, però, una profonda curiosità. A Cabinet of Wonders non è, infatti, solo un percorso tra oggetti straordinari, ma un dialogo che attraversa secoli e sensibilità diverse, ricordandoci che il collezionismo è in primis un atto di meraviglia e di conoscenza: un tentativo di comprendere il mondo in tutti i suoi dettagli. È un’esperienza che ci invita a guardare la natura con occhi nuovi: come se essa fosse la prima, perfetta opera d’arte.
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