Mare Karina, Mercuriali & Tansella, States of Stagnation, exhibition view, ph Tiziano Ercoli
Ninfee dalle radici metalliche, immerse in un’acqua limpida; bamboline provenienti dai manga soft core; un avatar insonne —o, al contrario, immerso in un loop di sonno continuo. Sono queste le immagini che ci accolgono nella galleria Mare Karina di Venezia, dove è in corso l’esposizione States of Stagnation, bipersonale di Giacomo Mercuriali (Cesena, 1990) e Federico Tansella (San Benedetto del Tronto, 2003). La mostra è parte di una serie di progetti a cura di Caterina Avataneo, basata proprio sull’accostamento di due artisti che, proposti in un’unica stanza, dialogano, si influenzano o —come in questo caso— danno vita a cortocircuiti ed hackeraggi continui.
In particolare, nel caso di Mercuriali e Tansella, entrambi gli artisti si affidano ai codici semantici dei videogiochi e ai linguaggi delle nuove tecnologie per esprimere visioni diametralmente opposte del riposo e dello “stagnare”.
Per Mercuriali, infatti, ciò si declina in scenari pastorali dalle reminiscenze rococò, ma dall’esplicita vena pornografica. Su sfondi rigogliosi, tutta una serie di seducenti ninfe ipersature posano nude: sono riferimenti ai sempre più popolari hentai. Ma le sue muse non sono altro che simulacri prodotti da un’intelligenza artificiale, il cui operato si manifesta non tanto nell’illusione della pittura a olio, quanto nei glitch che incrinano la coerenza della rappresentazione: cavi che emergono dalla vegetazione, arti sovrannumerari che interrompono la fluidità anatomica, strutture metalliche che sostengono le immagini e ne prolungano l’esistenza nell’ambiente espositivo. Qui l’immagine non è più, dunque, un dispositivo di rappresentazione, ma un evento post-mediale che si colloca nell’iper-realtà di Jean Baudrillard: uno stadio universale in cui l’immagine è senza origine, senza referente, un bellissimo calco privo di matrice.
Tansella, al contrario, si appropria delle estetiche del corpo inattivo, della soggettività che si sottrae alla produttività sociale. Qui, a suo modo, il corpo stagnante diventa corpo politicizzato, dimostrandoci che in una società votata all’iperproduttività, l’inattività e la letargia diventano sintomi patologici e, al tempo stesso, armi di resistenza. La sua ricerca ruota infatti attorno a sottoculture digitali accomunate dal loro ritrarsi dalla vita sociale: i NEET —giovani “Not in Education, Employment, or Training”— e gli hikikomori, eremiti moderni, confinati nelle loro abitazioni. Queste due comunità vengono idealmente riunite dalla bandiera socialista parte dell’opera For Those Who Lay Down (2025). Il tessuto è appena visibile nel suo scrigno di vetro, costantemente riempito da un fumo dal profumo metallico.
Giace sul pavimento anche l’installazione Pour en finir avec le travail (2025): un’uniforme tipicamente usata dai NEET, una vera e propria armatura, ma svuotata di qualsiasi guerriero. In questo modo, due oggetti legati nella nostra mente all’azione politica e alla lotta sociale diventano elementi inerti. Ma è proprio in questo che risiede la loro forza rivoluzionaria: sono inutilizzati, ma non inutili. Il potere, qui, sta proprio nella loro stasi in una società che richiede continuo movimento.
Esempio di ciò è anche il protagonista di Vincere / All we ever wanted was everything (2025): un personaggio del famoso videogioco Grand Theft Auto che sceglie di rimanere disteso a letto per le intere 24 ore del video, riprodotto in loop. L’avatar, con questa non-azione trasgredisce dunque alle regole che soggiaciono ad una narrazione in cui la scalata sociale e l’accumulo della ricchezza sono i fini ultimi.
L’accostamento tra Mercuriali e Tansella non si risolve dunque in una sintesi, ma piuttosto in una dialettica polare in cui il movimento e la stasi, la saturazione e la sottrazione, il simulacro e il corpo politico, si definiscono reciprocamente. In questo senso, States of Stagnation diventa un esperimento espositivo, che gioca sui limiti dell’immagine contemporanea e sulle strategie di resistenza che ancora possono essere esercitate al suo interno.
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