Nan Goldin C as Madonna in the dressing room, Bangkok, 1992 © Nan Goldin Courtesy Gagosian
Dopo l’estate, Milano si prepara ad accogliere quella che si annuncia come una delle mostre più attese di questo ultimo scorcio di 2025: la mitica Nan Goldin arriverà al Pirelli HangarBicocca con la mostra retrospettiva This Will Not End Well, un progetto espositivo organizzato dal Moderna Museet di Stoccolma, in collaborazione con l’istituzione milanese e con Stedelijk Museum di Amsterdam, Neue Nationalgalerie di Berlino e Réunion des musées nationaux – Grand Palais di Parigi, che mette al centro la sua attività di filmmaker e di pioniera dello slideshow come linguaggio narrativo e formale.
Nell’attesa della mostra, che sarà visitabile dall’11 ottobre 2025 al 15 febbraio 2026 e sarà curata da Roberta Tenconi con Lucia Aspesi, ecco cinque cose da sapere su una delle artiste più rivoluzionarie del nostro tempo.
«Ho sempre desiderato essere una filmmaker. I miei slideshow sono film composti da fotogrammi», ha dichiarato Nan Goldin. Il cuore della sua pratica è fatto di immagini, musica e narrazione, montate in slideshow potenti ed emotivi, esposti non come semplici proiezioni ma come esperienze immersive. La mostra all’HangarBicocca raccoglie il più ampio corpus di slideshow mai esposto in un contesto museale, presentato in padiglioni architettonici progettati da Hala Wardé, come un vero e proprio villaggio narrativo.
The Ballad of Sexual Dependency è l’opera che l’ha consacrata tra le voci più potenti della fotografia contemporanea. Realizzata a partire dagli anni Ottanta, racconta con ruvida tenerezza la vita della sua cerchia queer e bohémien a New York, tra libertà e intimità, amore e autodistruzione. Questo capolavoro, assieme ad altre opere iconiche come The Other Side, Memory Lost, Sirens e Sisters, Saints and Sibyls, sarà parte della mostra milanese. Quest’ultima sarà allestita nel suggestivo spazio del Cubo di HangarBicocca, ricreando l’atmosfera della Chapelle de la Salpêtrière di Parigi, dove l’opera fu inizialmente esposta.
Nel 2017 Goldin ha fondato P.A.I.N. – Prescription Addiction Intervention Now, un gruppo d’azione contro la famiglia Sackler, accusata di aver alimentato la crisi da oppioidi negli Stati Uniti. Grazie a P.A.I.N., numerosi musei internazionali, tra cui il Louvre, il Metroplitan, il Guggenheim e la Tate, hanno rimosso il nome della famiglia dalle proprie sale. Goldin ha trasformato la sua esperienza personale di dipendenza e guarigione in un motore etico e politico, portando l’arte al centro di una battaglia pubblica.
L’impatto visivo di Goldin è ovunque. Il suo uso della luce naturale, l’approccio diaristico, la capacità di raccontare la vulnerabilità e la bellezza senza filtri hanno influenzato non solo l’arte contemporanea ma anche la fotografia di moda e la pubblicità. Il suo stile è stato assimilato, citato e spesso imitato ma l’originale resta carico di una empatia viscerale unica, capace di raccontare interi mondi in un solo scatto.
Per This Will Not End Well, Goldin presenta anche due slideshow inediti: You Never Did Anything Wrong (2024), una meditazione astratta ispirata al mito dell’eclissi rubata da animali, primo esperimento dell’artista in ambito astratto. Stendhal Syndrome (2024), ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, in cui i suoi amici diventano incarnazioni mitologiche, mescolandosi a sculture e dipinti di musei di tutto il mondo.
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