Fuori dai confini della realtà (tra Klee, Chagall e Picasso), Musei Civici Giangiacomo Galletti, Domodossola. Installation view, ph. Elena Datrino
Fuori dai confini della realtà (tra Klee, Chagall e Picasso) è una mostra di fatto “immersiva”: a Domodossola, nelle antiche sale archivoltate del museo, il visitatore fluttua nella evocativa leggerezza della sequenza di dipinti, disegni, sculture – di grande qualità – di Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Gastone Novelli, Paul Klee, Marc Chagall, Sebastian Matta, Pablo Picasso e delle creazioni in vetro di Egidio Costantini. La sensazione compiuta è di varcare quel limite, trovando suggestioni ed emozioni che ci appartengono, che pescano nell’immaginario inconscio personale, quello dei simboli, del mito, della psiche, dell’infanzia, della fantasia.
Un affascinante coinvolgimento individuale, che diviene appartenenza al sentire generale della mente e della percezione della natura come realtà e mistero. Varrebbe l’ossimoro di pervicace leggerezza (ars est celare artem…) che ha come radice, comune agli autori, l’intento e un rigoroso metodo, articolato a seconda dell’artista, ma basato sulla formazione primaria del disegno e dello studio della natura, compiendo il balzo nell’astrazione, attraverso l’indagine sulla percezione della realtà.
Questo avviene con la geometria descrittiva (alla base della natura), con la struttura della musica (con gli accordi cromatici e le “modulazioni” visive), con la semiotica (indagando sistemi segnici ed alfabeti), con lo studio del microcosmo (le forme primigenie di fiori e piante e della terra) e del macrocosmo (l’astronomia in bilico sull’astrologia). Una volta varcati i confini, gli artisti navigano nella psicanalisi, nella semantica della mitologia, nella struttura comunicativa del linguaggio per costituirne uno nuovo. Con un afflato di libertà espressiva rispetto al passato e al drammatico presente di quella grande crisi universale che unisce la prima e la seconda guerra mondiale.
La mostra è costruita anche sulle relazioni intercorse tra gli artisti: Melotti con Licini, a partire dalla Galleria milanese Il Milione, che guardano all’opera di Klee attraverso le mostre e gli scritti, anche diffusi e tradotti da Novelli che lo ha conosciuto in Brasile; Melotti che conosce Picasso, mentre la sua opera è spunto per Calvino ne Le città invisibili, e in genere l’ambiente artistico parigino che li interconnette agli esordi. E per finire, Egidio Costantini che “insegue gli artisti” e li convince a collaborare traducendo nel vetro la loro opera.
Incontriamo, fra i tanti, dipinti polimaterici e geometrici di Melotti e le sue sculture I bambini dove le figurine sul cavallo sono “modulate” in ceramica come segni sul pentagramma, una serie di dipinti di Licini, dove la luna, gli angeli, i missili, l’Amalassunta, fluttuano nel suo quasi esoterico universo, Baumgruppe e Impianto di autunno di Klee, dove spicca la costruzione dei simboli-segni primari della natura, dipinti su carta e tela di Novelli con la costituzione di alfabeti di forma “ancora da inventare”, immaginifiche opere di Chagall, Nature morte a la guitarre di Picasso (insolitamente sommesso e sognante), una Composizione di Sebastian Matta, notturna e di rara malinconia, le sculture e i vasi in vetro di Costantini, eseguiti su disegno degli artisti.
Gli ancor più numerosi collegamenti sono illuminati dal bel catalogo con testi del curatore Antonio D’Amico e di Francesco Troletti, Stefano Papetti, Elisa Carioni. Il tema del “nesso culturale” è ben simboleggiato dall’essere la mostra a Domodossola alla testa di quelle valli da sempre “di confine” e testimoni del suo superamento, connettendo commerci, culture, arti: un milieu di transito che forse sfugge alla conoscenza più diffusa e convenzionale, ma che ha contribuito anche a sviluppi di arte antica straordinari, e che la mostra evidenzia e promuove anche nell’attualità. Con questo si segnala l’opportunità di visitare le sale del Museo Civico, con interessanti dipinti di artisti dell’area vigezzina, ritratti acuti e paesaggi inondati dal “sole di Domodossola”, nell’Ottocento, e in particolare una sezione di sculture lignee del Cinquecento dove ben si colgono i contatti con la cultura del nord.
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