Il Museo dell’Arte Classica dell’Università La Sapienza di Roma ha ospitato, fino al 25 febbraio 2022, la personale dell’artista e architetto inglese Mathew Emmett. Intitolata “St Sebastian: Plague Memory”, la mostra è curata da Camilla Boemio, diretta da Francesca Gallo e Irene Ranzato, e segna la collaborazione scientifica tra i dipartimenti di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo e degli Studi Europei Americani e Interculturali.
Mathew Emmett generalmente considera lo spazio come un ambito psicoattivo, nel quale costruire un interstizio ibrido contenente storie visive. Ora, al Museo, viene esposta un’installazione digitale dell’artista, appositamente pensata per mettere in relazione la superficie del contesto con la plasticità delle opere. Il suono generato proviene da “una sola voce”, quella di una narrativa teorica capace di dialogare con quella estetica delle sculture greche e romane in gesso tutt’intorno. La proiezione del video pone l’attenzione, attraverso una performance, sul rapporto tra l’uomo e la paura, il tentativo di difesa e la reazione alla violazione.
San Sebastiano, “l’uomo asciutto ed efebico” che nell’iconografia cristiana veglia sulle piaghe dell’uomo, è presentato come archetipo della caducità e della protezione nella sua fierezza lirica e malinconica. Il martirio ne è l’emblema, nonché ispirazione per molti degli artisti rinascimentali, per scelta tematica e studio anatomico, quali Sandro Botticelli, con la forza espressiva dei suoi dettagli; Andrea Mantegna con la sua insistenza chiaroscurale e architettonica; il Perugino, con il suo rigore simmetrico; El Greco con la raffigurazione della rassegnazione mista alla devozione.
L’artista crea una solidarietà tra le opere modificando l’ambiente, attraverso l’esposizione di materiali la cui consistenza ricorda i tessuti offesi del corpo umano. Essi sono scanditi da esplosioni e raggrumi di impasti colorati dalle superfici lisce e lucide, ruvide e opache, in uno stato di perpetua riconciliazione. La trasformazione è innescata dalla guarigione, come rigenerazione e aspirazione a uno spazio interiore condiviso.
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