Soap Culture, Murmur. Installation view, Palazzo Zon, Venezia, 2024
Nella cornice storica di Palazzo Zon, il progetto di Soap Culture avviato da Murmur – duo composto dal profumiere francese Barnabé Fillion e dall’artista Sofia Elias – si presenta come uno spazio ibrido, un laboratorio dove l’idea di casa d’artista si concretizza nella restituzione di processi creativi visibili. La volontà di ricreare una dimensione domestica e privata dà origine a un percorso sinestetico centrato sul sapone, un materiale iridescente, propulsore di nuovi immaginari e sottoculture.
Lavati la Bocca col Sapone si configura come prima mostra collettiva di arte contemporanea, in cui mente e materia convergono in un’esplorazione profonda della sostanza del sapone e della sua essenza simbolica. Lontano dall’essere solo un detergente per il corpo, il sapone diventa un veicolo per la trasformazione, un catalizzatore per il cambiamento sia individuale che collettivo. Ispirata alla trilogia Sfere del filosofo tedesco Peter Sloterdijk, la mostra interpreta ogni opera come una bolla di sapone, delicata e fugace, ma densa di significato e potenziale.
La componente organica rappresenta il filo conduttore dell’esposizione, articolandosi attraverso diversi mezzi espressivi e secondo i principi del lascito, delle tracce e dei dettagli. Il legame con il passato viene mantenuto grazie alla permanenza di alcuni oggetti appartenenti alla precedente proprietà del palazzo e alle opere di Max Piva, che coesistono con i nuovi elementi introdotti.
Il dialogo tra passato e presente si riflette nella dicotomia tra presenza e assenza promossa dall’installazione di Murmur al piano superiore, che attraverso un’alternanza di luce e ombra svela l’indole cangiante del divenire. Tale contrasto sfida la memoria a decostruire e riedificare ricordi e sembianze, per riconsiderare cosa è reale e cosa non lo è. In questa atmosfera enigmatica, Dominique Gonzalez-Foerster introduce il percorso espositivo con delle installazioni che alludono alla science fiction, alimentando un clima distopico di speculazione narrativa immaginifica che intende creare nuovi mondi e giocare con la fruizione dell’opera.
Lo stesso principio provocatorio ed eterotopico anima l’opera Mirrors di Etienne Chambaud al primo piano, dove tre taglieri usati, rivestiti di foglia d’argento, danno l’illusione di potervisi specchiare, suggerendo un processo interiore di autoanalisi, guardando al di là del riflesso visibile. Nella stessa stanza, le istantanee di Manuel Alvarez Bravo e Mona Hatoum catturano l’essenza dell’intimità familiare attraverso azioni quotidiane in cui il sapone emerge protagonista.
Sull’inevitabile soglia della metamorfosi si genera una ricerca continua di nuove modalità espressive e interpretative. Rispondendo a questa esigenza, Thomas Mailaender sperimenta con la cianotipia rivestendo le pareti della sala seguente di carta da editoria. Grazie all’uso della luce UV, la carta filtra e lascia affiorare una trama di oggetti decontestualizzati che richiamano la fluidità della città di Venezia. L’obiettivo è rompere gli schemi convenzionali e stimolare l’immaginazione a trascendere la mera apparenza.
Proseguendo lungo il percorso, si arriva all’interno di un laboratorio alchemico concepito da Murmur come distilleria di profumo, dove una combinazione di fragranze sollecita l’olfatto passando attraverso un condotto idraulico. Idrofoni sommersi nella glicerina e nelle essenze compongono installazioni sonore ambientali, mentre un monitor proietta un repertorio di produzioni di sapone nel mondo, enfatizzando il valore sinestetico dell’ASMR.
Le opere di Teodoro Teadora, Miroslaw Balka e Mimosa Echard conducono all’ultima sala che chiude e apre circolarmente la mostra, evocando il valore apotropaico e magico del sapone e promuovendo l’arte dell’assemblaggio di oggetti riciclati. Balka rivela l’accessibilità e il significato politico del sapone, che durante l’olocausto e la dissoluzione dell’Unione Sovietica era razionato, mentre Echard utilizza frammenti di natura objet trouvé per creare sculture in resina, omaggiando la sensibilità delle comunità hippie in cui è cresciuta.
Lavati la Bocca col Sapone invita ad addentrarsi all’interno di luoghi e sensazioni spesso confinati al privato, ma che attraverso l’arte diventano pubblici e condivisibili. La scelta di non apporre didascalie lungo il percorso espositivo invita il visitatore a interpretare liberamente ciò che osserva, rispecchiando il carattere organico della mostra e il proposito di Soap Culture di creare un parco giochi multimediale di polimorfe esperienze personali.
In un mondo sempre più connesso e trasparente, gli artisti Dominique Gonzalez-Foerster, Manuel Alvarez Bravo, Miroslaw Balka, Etienne Chambaud, Phil Collins, Mimosa Echard, Mona Hatoum, Thembinkosi Hlatswayo, Thomas Mailaender, Murmur, Gabriel Orozco, Max Piva, Teodoro Teadora, Wolfgang Tillmans, Rare Books, Namacheko e Lowjack, guidano l’osservatore attraverso un labirinto di riflessioni sulla natura effimera e trasformativa del sapone, sottolineando l’importanza di riformulare parole e azioni e di abbracciare l’iridescenza della vita stessa.
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