Photo: Ugo Carmeni Courtesy of the Artist and Almine Rech
Una mostra, presentata a Venezia dalla galleria Almine Rech ed articolata lungo le cinque sale del piano nobile di Palazzo Cavanis, che raccoglie la recente produzione artistica di Szabolcs Bozó con una serie di opere esposte fino al 24 settembre.
Appena ci addentriamo all’interno della mostra, veniamo accolti dall’opera Passage (2023), nella quale sono distinguibili tre figure plastiche dai colori vibranti, le cui sagome sono tracciate in modo “imperfetto” ed irregolare. I loro occhi guardano oltre, alle nostre spalle, suggerendoci di voltarci a ricercare quel qualcuno o qualcosa che ha attirato la loro attenzione. Sono pupazzi, personaggi di cartoni e storie, che se ne stanno in disparte a svolgere le loro azioni, non rompendo mai la quarta parete.
Per Bozó essi costituiscono figure appartenenti ad un mondo parallelo che è frutto della sua immaginazione. Le opere vengono infatti da lui stesso definite come il risultato di un proprio viaggio mentale.
Queste figure animalesche e cartonesche, che sono il tratto distintivo della produzione di Bozó, giovane artista nato nel 1992 a Pécs, in Ungheria, sono il risultato della rielaborazione dei temi e personaggi appartenenti alla sua tradizione folkloristica e mitologica, quella Ungherese.
Le opere, oltre agli influssi natii, presentano una commistione con alcuni aspetti carnevaleschi e culturali appartenenti alla città Veneziana, riscontrabile in Night Swim (2023) dove vi è presente un gondoliere intento a navigare lungo un canale.
A primo impatto sembrano personaggi fanciulleschi, ma dietro il loro volto si celano emozioni adulte, consapevoli, sguardi sfuggenti, ghigni e sorrisi arcigni. Il dipinto diviene dunque un luogo di convivenza fra una componente infantile e una consapevolezza emozionale adulta, permettendo la creazione di uno spazio di riflessione attorno al proprio mondo interiore.
Un’ulteriore nota tipica della sua produzione è legata al tratto impreciso del pennello e le imperfezioni della tela, macchiata dalle impronte delle sue scarpe e dai segni della latta di vernice. Questi aspetti non sono un errore ma, al contrario, vanno ad integrare l’opera d’arte in sé, perfezionandola.
Bozó ci presenta dunque un punto di vista innovativo sulle cose, facendoci riflettere su come questi due mondi, che dapprima potevamo considerare divergenti, in realtà convivono in noi. In questo viaggio mentale possiamo ripercorrere quei sentieri infantili abbandonati, racimolando quelle componenti emozionali dimenticate e giungendo ad una consapevolezza più piena della nostra complessità, che è sia adulta che bambina.
Negli ultimi anni Szabolcs Bozó ha presentato le sue opere ad alcune mostre personali, fra queste troviamo quella con la galleria Carl Kostyál a Marfa Invitational in Texas nel 202, Must You Dance presso M Woods Museum a Beijing nel 2022. Le sue esposizioni spesso prevedono allestimenti site-specific, un esempio ne è la mostra The Explorer presso la galleria Carl Kostyál di Londra nel 2021.
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