Con un taglio che si legasse al tema della parola, Daniela Ferrari, curatrice della mostra a Modena, ci presenta in Solennità e tormento la realtà di Mario Sironi (12 maggio 1885 – 13 agosto 1961), celebre pittore, tra gli iniziatori del movimento artistico Novecento italiano, teorizzato e creato dalla storica e critica d’arte Margherita Sarfatti. La mostra mette in dialogo le opere del pittore con pezzi di inestimabile valore della collezione di BPER Banca, che da anni conferma la sua missione nel sostenere e valorizzare l’arte e la cultura.
Dove si ritrova la “parola” – tema del festivalfilosofia 2023 – nelle opere di Mario Sironi? Partendo da questa domanda, la mostra si articola in vari spazi. Nella prima sala incontriamo il manifesto (una litografia del 1926), e il logo del Novecento italiano dove testo e immagini trovano perfetto equilibrio. Con una produzione di opere ricchissima, che non si fermava ai tradizionali supporti della pittura, Ferrari definisce Sironi un artista quasi compulsivo. Egli dipingeva ovunque: su lettere, buste, pagine di giornale. La parola diventa spesso supporto e base nel lavoro di Sironi: era la sua modalità di espressione e di tormento. Sì, tormento. Perché Sironi si fa portavoce delle contraddizioni, delle ansie, delle preoccupazioni della sua epoca: il primo ventennio del Novecento.
Solennità e tormento sono i punti chiave da cui partire per descrivere Mario Sironi. La sua pittura è solenne, nobile e con una sensibile vocazione al sociale. Sironi dipingeva per il pubblico e non per i privilegiati collezionisti che potevano facilmente fruire l’arte. Trovò la sua massima espressione nei progetti di arte murale e in programmi decorativi dominati da forme salde dalle linee ferme, posture austere, ordine, gravità , rigore, disciplina e compostezza.
Sironi è inoltre celebre per i suoi paesaggi urbani, carichi di desolazione e solitudine, con i quali riesce a esprimere quel senso di vuoto e di identità perduta tipico delle città metropolitane con le loro periferie in espansione, le grandi fabbriche dalle architetture essenziali, le ciminiere, i gasometri e i camion che percorrono strade vuote. Ecco come in mostra troviamo opere come Porto, paesaggio urbano e figura (1920 ca) dove notiamo la sua particolare attenzione alle scenografie urbane anonime e desolate, o ancora nel capolavoro de Il gasometro (1943).
Sembra un ossimoro ma Sironi fu in grado di restituire la classicità in chiave moderna. Con la sua capacità di raccontare il silenzio, i luoghi del lavoro in cui c’era rigore, solitudine e dedizione, ci offre uno spaccato d’Italia che cresceva e maturava, anche nelle periferie, lontano dai centri delle grandi città . Non mancano poi le nature morte con lavori come la celebre Natura morta con tazza blu della Collezione Augusto e Francesca Giovanardi, dove è innegabile l’influenza di Cézanne nella composizione.
L’esposizione sarà visitabile gratuitamente fino al 4 febbraio 2024, previa prenotazione. Sarà accompagnata da un catalogo edito da Sagep Editori, contenente i saggi critici firmati da Daniela Ferrari, curatrice della mostra, e da Fabio Benzi, tra i massimi esperti dell’opera sironiana, insieme alla documentazione iconografica delle opere esposte. L’intero ricavato, insieme al contributo di BPER Banca, verrà devoluto alla Fondazione Dynamo Camp ETS, ente che opera per il diritto alla felicità di bambini e ragazzi con gravi patologie.
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