La mostra di Marion Baruch, curata dalla Address Gallery di Brescia e visitabile allo spazio QUATTRO di Milano, si materializza all’osservatore come stereometria del vuoto delimitato da pareti e soffitti, attraversato e segnato da lacerti tessili che costituiscono le opere in foggia di una rete – fragilissima alla vista – che da materiale diviene immateriale: una sorta di rete neurale con rimandi intellettuali formali e concettuali.
Per certi versi si è catturati dal pensiero orchestrato dall’artista, quasi attraverso il gesto di una sorta di ironica bacchetta magica con la quale ha attraversato lo spazio mettendolo in relazione con i lavori stessi, creando un unicum sospeso, con l’arguta serenità di chi ha a lungo sperimentato l’arte e praticato la libertà interiore, ma non ha dimenticato nulla, anzi ne ha fatto tesoro.
Sono opere bidimensionali, affisse alle pareti, e tridimensionali, dove la tensione del tessuto genera il network in cui si resta mentalmente “impigliati”. Si tratta di scarti di tessili che provengono dal mondo della moda e del design – quasi note o pentagrammi – dove vuoto, presenza, assenza, tensione, evocano immagini, volti, memorie del passato secondo diversi “registri” compositivi.
In primo luogo la memoria dell’assetto formale, compositivo ovvero visivo, in questa fase della vita di Marion accompagnata dal declino della vista (il paragone con Beethoven che non ode ma crea musica può apparire retorico ma in fin dei conti è calzante).
Poi la memoria di una vita segnata dal nomadismo: fuggita, per necessitĂ e persecuzione, dalla natia Romania nel 1949, rifugiata in Israele nel dopoguerra, poi per passione e lavoro in Italia dove entra in contatto con il fermento creativo del dopoguerra, poi ancora Parigi, e di nuovo in Italia.
Del resto questi lavori con gli scarti tessili cui si dedica dal 2012 paiono discendere dall’arte che si consentivano i popoli “in trasferimento”: tessili, tappeti, drappi, leggeri da portare con sé nella prossima meta.
La memoria della vita passata a contatto col fermento del design di avanguardia e della moda in Italia – assieme al marito industriale tessile e agli artisti sodali della scena culturale – appare chiaramente nei ritagli di tessuto a cui viene data una vita “altra”, proponendo, anche con l’esperienza del vissuto, la riflessione sull’equilibrio tra caducità e valore, viltà e nobiltà del medium, consistenza e fragilità delle cose e dell’esistenza, in un sistema produttivo (industriale e culturale) dove la cultura dello scarto appare come nodo cruciale.
La mostra di Marion Baruch allo spazio QUATTRO di Milano, in via Antonio Porpora 150, sarà visitabile fino al 21 settembre 2024.
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La mia fotografia è intrisa di solitudine, bellezza e femminilità .